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Copia conforme

Regia di Abbas Kiarostami vedi scheda film

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La recensione su Copia conforme

di ed wood
4 stelle

Signore e signori, è ufficiale: Kiarostami è un regista finito. Peccato, io ci credevo ancora. Pensavo che questa trasferta europea riuscisse, in qualche modo, a far ritrovare la bussola ad un autore allo sbando da almeno un decennio. Evidentemente, l’iraniano ha detto tutto quel (tanto) che aveva da dire fino al 1994, anno in cui realizzò quel “Sotto gli ulivi” che rappresentò una delle più ambigue, raffinate ed avvincenti riflessioni sulla dialettica fra realtà e rappresentazione, vero e falso, originale e copia. Da quel momento in poi, fu un (mica tanto) lento ed inesorabile declino. Sempre più involuto, sempre più pretenzioso, sempre più vacuo Kiarostami. E questo pressoché inguardabile “Copia Conforme” sancisce, a mio parere, la fine ingloriosa del cine-percorso di quello che è stato uno degli autori più importanti ed innovativi del cinema contemporaneo. Allora, sorvoliamo sull’improbabile scenario della campagna toscana, così infarcita di stereotipi (mancava solo il fiasco di vino) da risultare involontariamente grottesca; salviamo giusto la performance della Binoche (l’altro attore era impresentabile!). Detto questo, il film è un cruciverba senza capo né coda, in cui si incrociano temi forti (il senso dell’Arte e il suo rapporto con il reale) e deboli (la solita, risaputa, odiosa crisi di coppia borghese). L’intellettualismo  di fondo è pari solo all’impaccio con cui si evolve una vicenda potenzialmente originale e stimolante. La riflessione sul concetto, enunciato all’inizio del film, di “autenticità” contrapposto a quello di “contraffazione”, che dall’ambito artistico si riversa in quello sentimentale, non trova assolutamente uno (che sia uno!) spunto sul piano della creazione stilistica. Vi ricordate cos’era capace di fare, vent’anni fa, Kiarostami, con mezzi di fortuna, un set improvvisato, un paio di inquadrature ed attori non professionisti? Vi ricordate in che modo geniale utilizzava l’azione (e il sonoro) fuori campo in “ E la vita continua”? I piani-sequenza, l’uso della parola, il rapporto fra uomini e paesaggio, la collocazione dei “caratteri” nello spazio, lo spessore metaforico attribuito ai veicoli…ma dov’è finito quell’autore capace di giocare con tutte le aperture, le sfumature semantiche che si possono ricavare da una semplice immagine, un’inquadratura frontale, un carrello?? Kiarostami è stato uno dei massimi interpreti del concetto di cinema “minimalista”, che per lui è sempre stato il mezzo privilegiato per osservare, comprendere, interpretare una realtà di per sé drammatica come quella del suo Paese d’origine. Qui, invece, fra le bellezze naturali dell’Italia centrale, coppie di sposini e piazzette graziose, il vecchio Abbas gioca a fare l’Alain Resnais dei poveri e, ahimè, ci riesce.

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