Regia di George P. Cosmatos vedi scheda film
Un b-movie italo-americano ambizioso; il film di George Cosmatos prende in prestito diversi elementi da Cameron e Carpenter, ma fortunatamente gli effetti a basso budget, per la natura artigianale dell'opera, sembrerebbero efficaci. Le location sono incredibilmente caliginose. I soffitti pullulano di masse di tubi e cavi gommosi, le pareti fredde, grigie e metalliche, i pulsanti luminosi, le luci lampeggianti, la ruggine, e le grate corrose circondano i condotti trasparenti che trasportano fluidi densi verso varie parti della struttura sottomarina. Vapore e umidità ricoprono ogni angolo. Un’ambientazione suggestiva, macabra e sulfurea, nonostante somigli molto alle scenografie dell'astronave Nostromo di "Alien". Allo stesso modo, gli accordi sonori, cadenzati da gemiti artificiali e acciaio stridulo che interrompe i pensieri dell'equipaggio, sviluppano un forte senso di claustrofobia. Stuzzicante il cast: all'appello rispondono infatti (tra gli altri) il bandito di “Home Alone” (Daniel Stern), Winston Zeddemore dei Ghostbusters (Ernie Houdson) e a capo della baracca nientemeno che Robocop (Peter Weller). Il plot, comunque, è approssimativo; un gruppo operai in una base nel fondo dell'Oceano trova la carcassa di una nave russa e decide di esaminarla. Una sostanza dannosa contenuta in una bottiglia di Vodka nascosta nel relitto infetterà però due membri della ciurma, con la conseguente trasformazione genetica degli sventurati... Una razione di sufficiente suspense caratterizza la seconda sezione del lungometraggio, anche se il ritmo aveva indubbiamente bisogno di una marcia in più. Se vi aspettate una vicenda che vada a fondo nel raggiro del soggetto e nell'analisi dei personaggi ne rimarrete delusi, ragion per cui la visione di “Leviathan” non può che essere consigliata esclusivamente a chi apprezza gli horror fantascientifici senza altissime pretese...
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