Regia di Sylvie Verheyde vedi scheda film
Piccola Stella senza cielo, si aggira per Parigi un po’ disorientata. Anno di grazia 1977, la bambina, dalla famiglia a dir poco disfunzionale e sbandata, è cresciuta in un bistrot della periferia, a contatto con alcolisti tutt’altro che anonimi e figure noir tipo Guillaume Depardieu (qui alla sua ultima prova). Un giorno, però, comincia la scuola, quella vera, nei quartieri alti. All’inizio la piccola Stella spacca la faccia a una compagna e non lascia fuori dall’aula il cipiglio da monella della classe operaia, poi si adegua, infine cresce e matura. L’angolino nel bistrot resterà sempre libero per lei, che però a quel punto preferirà Balzac a Bob le flambeur. Diretto da Sylvie Verheyde, che giura essersi ispirata alla sua biografia, e ambientato in una Ville Lumière perfettamente calata nel suo abito vintage, Stella appartiene a un sottofilone del cinema francese che potremmo definire del “romanzo di formazione”, con le sue regole e i suoi riti, in questo caso tutti rispettati, e che se declinato al femminile ha un capostipite, Zazie nel metrò di Louis Malle (1959), qui debitamente omaggiato. Per il resto, non moltissimo di nuovo sotto il sole, anche se Verheyde ci mette l’anima nel descrivere le peripezie della ragazzina, ben interpretata da Léora Barbara.
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