Regia di Sylvie Verheyde vedi scheda film
Vita agra di una ragazzina, figlia dei titolari di un bar alla periferia di Parigi popolato da avventori poco raccomandabili, che si trova a frequentare la prima media in un istituto rinomato: genitori distanti, rendimento scolastico incerto, un’amichetta di famiglia ricca, un’altra di famiglia disastrata nel paesino dei nonni (“un paese con un ospedale psichiatrico, un ospizio e un orfanotrofio: c’è gente che si è fatta il giro completo”), le prime pulsioni erotiche, la scoperta della letteratura e la speranza di un futuro migliore. Un film piccolo piccolo, tenero, accattivante: senza scomodare Truffaut, diciamo che è una specie di Caterina va in città privo di sottofondo politico. Si intuisce che dietro ci sono le esperienze personali dell’autrice (che infatti coccola troppo la protagonista), ma è una storia in cui chiunque si può rispecchiare, perché racconta un periodo della vita che conosciamo bene: quello in cui si è ancora alla scoperta di sé stessi e già si avverte l’ansia di farsi accettare dagli altri e il timore di essere inadeguati. Una piccola incongruenza cronologica: la finale di Coppa dei campioni fra Bayern e St. Etienne venne disputata nel 1976, mentre Ti amo di Tozzi uscì nel 1977.
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