Regia di Christian Petzold vedi scheda film
All'interno di fitte foreste si muovono personaggi senza spessore alcuno, vuoti, che mediante espressioni impenetrabili e vasti silenzi cercano di farci credere che invece nascondono passioni, desideri e tormenti prudentemente oppressi per sopravvivere ad una realtà amara e intransigente. Già l'inizio del film appare assurdo in quanto poi del tutto scisso con gli sviluppi successivi: a Thomas, ex soldato, vengono sottratti gli ultimi denari conservati per ristrutturare la casa della defunta madre da un uomo a cui doveva dei soldi presi in prestito. Ripresosi, l'uomo cerca un lavoro all'ufficio di collocamento, in cui trova come unica occupazione disponibile quella stagionale e poco redditizia di raccoglitore di cetrioli. L'incidente di un uomo a cui assiste, e che Thomas stesso aiuterà a tornare a casa e a sfuggire dagli interrogativi dei poliziotti (poiché visibilmente ubriaco), cambieranno improvvisamente il corso degli eventi. Infatti, Ali, l'uomo che Thomas ha aiutato, andrà pochi giorni dopo a offrirgli un lavoro come autista per sé, essendo quest'ultimo un imprenditore turco con una serie di bar tipici dislocati nel territorio. Entrando nella vita di Ali, Thomas conosce sua moglie Laura, e tra loro un'ardente passione esplode sin dal primo istante (pulsioni sessuali che difficilmente però riescono a imporsi nello schermo nelle vesti di un amore indissolubile, come invece vuole mostrarsi il rapporto). Ecco qui dunque tutti gli ingredienti per un ordinario menage-a-trois, che appare del tutto incolore. Il marito scaltro e geloso da un lato dà fiducia al suo nuovo dipendente, dall'altro spia il relazionarsi dei due. Nel corso del film, apprendiamo che Laura è stata comprata dall'immigrato turco, poiché aveva molti debiti con la banca e, dopo due anni di carcere, costretta a lavorare in locali notturni, accetta senza esitazione di sposare Ali tramite un contratto più simile a un ricatto. Così i due amanti cercano un modo per liberarsi di Ali che gli consenta di vivere insieme senza i problemi che potrebbero derivare dal pagamento dei debiti irrisolto. Il finale però, quasi bizzarro, conclude in maniera insulsa un racconto che già di per sé aveva pochi elementi d'interesse al suo interno, poiché incapace di suscitare domande, dubbi, stimoli, e riflessioni nello spettatore. I moti interiori ripresi rimangono ancorati alla superficie, non riescono a venire a galla, a risultare convincenti e colmi di intensità e forza per il pubblico, che difficilmente si fa ingannare da una regia così asettica (ma visibilmente costruita e pretenziosa) e da un'interpretazione da parte degli attori forzatamente ermetica, inaccessibile, in cui anche i dialoghi o sono ridotti all'osso o sono del tutto insignificanti. I temi stessi attorno ai quali ruota il film – il menage a trois, il denaro, la passione, l'infelicità – vengono trattati in maniera ben poco allettante, approssimativa, senza un'indagine più profonda sulla psiche dei personaggi, senza una meditazione (che invece vorrebbe esserci) sul ruolo che assume il caso all'interno della narrazione – e cioè se è esso stesso fattore determinante delle circostanze successive che si vengono a creare, che influenzeranno tutto il corso degli eventi, o se, invece, è proprio il libero arbitrio dei protagonisti ad essere decisivo per i risvolti futuri . Un film pertanto ambizioso negli intenti che risulta però in definitiva scarno, povero ed eccessivamente muto proprio nel modo di raccontare delle realtà invece complesse in un contesto del tutto odierno.
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