Regia di Darren Aronofsky vedi scheda film
Randy riesce a vincere solo dentro al ring, fuori non riesce e vivere. Nella vita vera sono solo sconfitte, un perdente che riesce a rovinare tutti i rapporti umani che potrebbe sviluppare. La finzione violenta e spettacolare del wrestling lo esalta, le ferite vere fanno meno male quando il pubblico ti acclama. Randy accetta la passione moderna di uno sport che tutti sanno di essere costruito ma che tutti lo stesso esalta, metafora perfetta del cinema. Gli anni passano, le ferite sono reali e si accumulano su un corpo sfruttato che non può e non sa alzare il piede dall'accelleratore. Una vita senza combattimenti è pericolosa per chi sa di essere un campione, che cerca l'amore di una figlia e lo spreca, che cerca l'amore di una donna e spreca pure quello. Lo stile del regista è secco, rifiuta i fronzoli inutili del film precedente, costruendo un film essenziale e diretto.Il percorso corporeo di Rourke il suo viaggio autodistruttivo non possono non essere le armi del film. I confini tra autobiografia e fiction poche volte sono stati così labili, il corpo dell'ex sex simbol si porta addosso tutti i suoi sbagli e le sue piaghe. Tolto questo il film rimane un'opera sopravvalutata dall'esito scontato e contradditoria musicalmente. Il ritorno finale sul ring come unico habitat possibile per il vecchio e malato ariete è l'unico modo per continuare a vivere accettando di rischiare la salute in un duello finale con sè stesso prima che con gli altri. Il rapporto che non può tradire è quello con il pubblico che lo amerà finchè lui riuscira a accettare il dolore in cambio dei loro applausi.La contraddizione musicale sta nel fatto che esaltare i Guns Roses e denigrare i Nirvana in un film chiuso da una canzone del boss mi disturba come ogni esaltazione degli anni ottanta.
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