Regia di Darren Aronofsky vedi scheda film
Il wrestler non è uno sport, è spettacolo con numerosi affezionati cultori che, come nelle arene (ed infatti nasce nelle fiere paesane) ama vedere due persone che lottano, versano sangue, si fanno male, si dimostrano cattivi e crudeli tra di loro, con il gusto malsano di assistere ad una rappresentazione di dolore e sofferenza. Ed i lottatori fanno di tutto per accontentare queste folle, per l’adrenalina che scorre nei loro corpi martoriati quando vengono acclamati, per gli urli di approvazione provenienti dalla platea, per la celebrità che con sofferenza conquistano. Questa storia riguarda un professionista, Randy “The Ram” Robinson, che 20 anni prima aveva raggiunto la fama in un incontro leggendario con un certo Ayatollah e che a distanza di tempo continua a combattere per piccoli compensi e lontano dal grande pubblico. E’ una strana consorteria quella dei lottatori di wresting: sono amici, concordano le mosse più spettacolari per attirare la folla, non si odiano, come invece devono fare finta sul ring, fanno un lavoro pericoloso e doloroso, si devono riempire di sostanze dopanti e consumare abbondanti dosi di antidolorifici, sono consapevoli di essere arrivati alla fine della loro carriera e ne sono rassegnati. Dopo un incontro particolarmente cruento, Randy è colto da infarto e con sua disperazione gli viene sconsigliato vivamente il proseguimento dell’attività. E’ un colpo grave, non sa fare altro, non ha un lavoro, è solo, non ha affetti, non ha aiuto. Cerca consolazione e comprensione da una ballerina di lap-dance , Pam, con la quale ha buoni rapporti oltre che saltuari rapporti sessuali. Ma questa non vuole inizialmente farsi coinvolgere perché reduce da una trista esperienza e perché ha un ragazzino da allevare. Allora Randy si rivolge a sua figlia Stephanie, che ha trascurato per troppi anni e che gli è molto ostile. Ma, insistendo, riesce a fare breccia (“Sono un vecchio pezzo di carne maciullata e sono solo. Vorrei tanto che tu non mi odiassi”). Ma mancando ad una promessa fattale, il sottile legame viene completamente distrutto. Cerca ed ottiene un lavoro part-time ma è ossessionato dal rimbombo nelle orecchie dalla voce della folla che l’applaude e l’osanna. Così lascia il lavoro e decide di accettare un incontro con lo stesso avversario di 20 anni prima, sapendo perfettamente delle condizioni fisiche in cui si trova e, nonostante Pam cerchi di dissuaderlo dicendosi disposta a correre il rischio di mettersi con lui, ormai Randy è deciso, nella sua solitudine e senso di fallimento, di correre il rischio dell’incontro, di sentire, sia pure per l’ultima volta, l’urlo acclamante della folla, di assaporare gli odori del ring, di sentirsi vivo, di riprovare quella esaltazione cui aveva dovuto rinunciare, di trovarsi nell’unico ambiente amico che gli è rimasto, dell’unico lavoro che sa fare.
La regia è quasi perfetta. Per tutto il film, condotto linearmente, senza sbalzi o sbavature, entro certi limiti semplice, in un crescendo di tensione, si passa attraverso tutti gli stadi della disperazione, della solitudine, dell’accanimento della sorte contro un a figura gentile ed umana, priva di aiuto, che s’impegna ad affrontare una nuova esistenza, ma che non riesce a concretizzare. La puntuale descrizione del fallimento, del rifiuto e della distruzione fisica di un uomo sono meravigliosamente descritte e rappresentate, con serietà, con un ritmo ed una tensione costantemente crescenti, capaci di determinare nello spettatore un groppo alla gola. La figura dominante di Mickey Rourke conferisce al film quella naturalezza ed efficacia che solo lui, con i trascorsi nella vita reale, poteva rappresentare così bene. Il viso, costretto a numerosi interventi di plastica facciale, rispecchia con grande efficienza il dolore e le sventure di una vita sregolata e fallimentare,sola e disperata. Le capacità di attore non sono venute meno. L’intensità recitativa rimane valida e realistica. E’ commuovente anche quando si presenta al Lido di Venezia con sottobraccio due cagnolini, a sottolineare la sua solitudine. Scenografia brillante e taglio asciutto. Altro punto di forza del film è la colonna sonora, armonizzata da Clint Mansell, ricca di brani hair metal in voga negli anni ’80 ed impreziosita da “The Wrestler di Springsteen e da “Sweet Child O’ Mine dei Guns’n Roses. Voto 8
Eccellente e ricca di motivi entusiasmanti
Lineare, asciutta, espressiva, convincente
Una interpretazione memorabile. La sua migliore
Una Pam brava, pratica, verosimile
In una parte secondaria, si presta con convinzione nella parte di Stephanie
Buona
Lanny, il gestore del campo di roulotte, in una modesta prestazione, buona
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