Regia di Darren Aronofsky vedi scheda film
Questo è un film in cui lo sguardo furtivo e sghembo, posato sui futili dettagli della vita quotidiana, è già, di per sé, introspezione; un film in cui la visione negata (come nelle inquadrature in cui il protagonista è ripreso di spalle) ed il silenzio (ossia la prolungata assenza di dialoghi) creano il vuoto necessario a far risuonare, in sottofondo, il brusio di ignoti pensieri. Randy, esteriormente, è un colosso di muscoli e pelle, esposto in vetrina per un degradante spettacolo a fin di lucro (come lo è, del resto, il corpo della sua donna, una lap-dancer di uno squallido locale); però, dentro di lui, il combattimento ha un'anima, ed è tutt'uno col battito del cuore. L'accostamento al "lottatore" di Boris Barnet è quasi inevitabile, anche se il personaggio di Aronofsky, diversamente dal suo omologo russo, non ha nulla di fiabesco, e non ha alcuna morale da insegnare; egli, infatti, vive il suo ruolo con l'intensità epica di Rolando nelle "chansons de geste", al ritmo del sangue che scorre e al suono delle ossa spezzate. Il confronto sul ring non è una coregrafia preordinata, un'acrobazia da saltimbanchi o una messinscena da stuntmen. è, invece, l'arte atavica e grottesca della carne macellata: un horror dal vivo in cui l'estro creativo coincide con l'ingegno, maniacale e diabolico, di un sadico torturatore. "The Wrestler" è un inno viscerale che esalta, senza celebrarlo, l'eroismo ancestrale della forza fisica e del dolore portato alle estreme conseguenze, unito al senso di delirio procurato dal male e dalla violenza, quando ci si illude di poterli dominare.
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