Regia di Darren Aronofsky vedi scheda film
Non direi che "The Wrestler" ci racconti una storia nuova, però Aronofsky ha il coraggio di rigirare, una volta di più, il coltello nella piaga già aperta del cosiddetto sogno americano. E lo fa con due armi che a molti dei film recenti di argomento analogo (ivi compresi quelli del vecchio leone Clint) sono mancati: un approccio da Autore, più che da semplice direttore, e l'interpretazione di un attore che nel personaggio ci mette qualcosa di più che la propria faccia. In effetti, la partecipazione (in tutti i sensi) di Mickey Rourke, anche al di là delle sue forse limitate doti d'attore, è un valore aggiunto alla riuscita del film, come raramente s'è visto al cinema. Il fatto che il protagonista sia interpretato da un personaggio che ha lo stesso bagaglio di vita ci fa guardare questa storia, e l'intero film, con occhi diversi e forse più partecipi. Anche in questo sta l'intelligenza di un Autore che sa inquadrare la faccia triste dell'America, senza dover andare a girare in Messico: negli ex opulenti Stati Uniti ci sono decine di migliaia di storie come quella di Randy "The Ram" Robinson, una sorta di tramontato e triste Hulk Hogan dei suburbi. Così come quella della rassegnata spogliarellista Cassidy, interpretata da un'altrettanto intensa Marisa Tomei. Quella di Randy è, probabilmente, la storia di un disadattato, che sa ritrovare sé stesso quando sente l'odore del sangue, quando si trova a combattere sul ring che, lui presente, assume davvero le sembianze di un campo di battaglia, quando può esibire, di fronte al mondo, i suoi capelli leonini e il proprio corpo rabberciato, che sembra un cimitero bombardato.
Ottima, con citazione per alcuni storici pezzi hard rock, come "Sweet Child O' Mine" dei Guns 'n' Roses, "Balls To The Walls" degli Accept ed "Animal Magnetism" degli Scorpions.
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