Regia di David Fincher vedi scheda film
Forrest Gump (sceneggiato, come qui, da Eric Roth) cronologicamente alla rovescia. Il curioso caso di Benjamin Button è tratto da un racconto di Francis Scott Fitzgerald, però mi ha fatto venire alla memoria un autore e un libro che ho letto tanti anni fa. Si tratta del Pesce gatto (The Catfish Man: A Conjured Life, 1980) di Jerome Charyn, nel quale, a un certo punto, il protagonista, proveniente dai bassifondi limacciosi del Bronx (da cui il titolo del romanzo), si iscrive ai corsi di Letteratura dell'università e, come saggio d'accesso, compila una parafrasi della Recherche proustiana, narrandone l'intera vicenda a ritroso. Che potrebbe anche essere un richiamo allo Huysmans di A rebours, a partire dal personaggio di Monsieur Gateau, non a caso francese, che costruisce un orologio che marcia all'inverso. E, ancora, chissà quanto casualmente, uno dei primi romanzi di Charyn si intitola The Man Who Grew Younger ("l'uomo che ringiovaniva").
E così vediamo il nostro Benjamin che quando nasce somiglia al Dustin Hoffman decrepito del Piccolo grande uomo e poi via via si trasforma in Marlon Brando (Il selvaggio, Ultimo tango a Parigi) e poi via via Warren Beatty e Robert Redford, fino a diventare finalmente sé stesso, cioè Brad Pitt.
Il curioso caso di Benjamin Button è un film nel quale conta lo sviluppo ed è quasi totalmente assente l'approfondimento psicologico dei personaggi. In qualche momento può risultare addirittura commovente, ma più spesso è sentenzioso e complessivamente deriva troppo dal successo di Zemeckis del 1994. In quasi tre lustri, lo sceneggiatore Eric Roth non ha saputo fare di meglio che tentare, senza riuscirvi, di ripetere sé stesso. Né si può dire che questo film abbia rappresentato un passo avanti nella parabola artistica di David Fincher.
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