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Il curioso caso di Benjamin Button

Regia di David Fincher vedi scheda film

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La recensione su Il curioso caso di Benjamin Button

di Stuntman Miglio
6 stelle

Tratto da un affascinante racconto d'inizio '900 firmato da Francis Scott Fitzgerald, "Il curioso caso di Benjamin Button", è un lungometraggio intenso e suggestivo ma non del tutto riuscito, considerato soprattutto l'enorme potenziale dell'idea alla sua base. Settimo lavoro diretto da quel geniaccio di Denver già autore di cult come "Seven", "Fight club" e "Zodiac", questo film targato 2008 ricevette a suo tempo un qualcosa come 13 nomination all'Oscar. Un riconoscimento non indifferente eppure qualcosa non funzionò, tanto è vero che solo 3 statuette furono poi assegnate e tutte a categorie di tipo tecnico (scenografia, trucco ed effetti speciali). Perché? Il punto è che per quanto possa essere ben fatto e visivamente sorprendente, il "Benjamin Button" di David Fincher risulta fin troppo risaputo e troppo simile ad altre storie di personaggi eccezionali come "Forrest Gump" o "La leggenda del pianista sull'oceano". (De)Merito della sceneggiatura di Eric Roth che già scrisse il capolavoro di Zemeckis? Probabile, le affinità sono molteplici e su più fronti: dai contenuti morali, alla tenera quanto tortuosa storia d'amore, dalle avventure a sfondo storico al tipo di narrazione in flashback. Fatto sta che la storia del bambino nato vecchio che ringiovanisce con il passare degli anni coinvolge ma mai del tutto, emoziona ma sempre e solo in superficie. Nonostante le oltre due ore e mezza di durata, alla fine, quello che rimane essenzialmente impresso è il grande lavoro di make-up fatto sul personaggio di Brad Pitt (qui alla terza collaborazione con Fincher), la splendida fotografia del sodale Claudio Miranda ed un paio di sequenze di grande cinema che il regista americano si concede in compagnia della sua musa Cate Blanchett: prima in occasione dei suoi balletti (quello al chiaro di luna e quello a teatro) e poi dell'incidente che le stronca la carriera (gustosissimo montaggio alternato). Buone le ambientazioni, specialmente quella di New Orleans e quella in terra sovietica, notevole la colonna sonora dell'attivissimo Alexandre Desplat ed assortitissimo il cast dei comprimari che annovera nomi di gran pregio quali Tilda Swinton, TaraJi P.Henson, Jason Flemyng, Elias Koteas e Jared Harris, tutti a loro modo in parte e degni di nota. Il resto è il classico percorso romantico-spirituale di un uomo fuori dal normale e del suo confrontarsi con il prossimo, la storia, la vita ed infine la morte. Il tipico esempio morale che fa riflettere sull'inesorabilità del tempo e l'imprevedibilità del fato - non sai mai quello che la vita ha in serbo per te - ma la sensazione post-visione è che le carte a disposizione siano state giocate nel modo più prevedibile ed accomodante. Perché infatti concentrare il declino del personaggio negli ultimi venti minuti lasciando completamente inesplorato il contraltare di tutta la prima parte? Si dice che il primo progetto prevedesse uno script di Charlie Kaufman per la regia di Spike Jonze. Chissà come sarebbe stata la loro versione? Forse un po' più ardita e meno convenzionale.

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