Regia di Matt Tyrnauer vedi scheda film
Inatteso e sorprendente, come sa essere un abito che vedi poggiato su un manichino ed immagini addosso alla donna che ami, questo documentario, che sa essere anche un mèlo decadente come solo Visconti avrebbe potuto fare, non solo racconta l’epopea di Valentino e del valentinismo, ma riesce ad essere anche altre cose. Prima di tutto un film sull’imbarbarimento dell’industria italiana, incarnato dall’ingresso in scena di Matteo Marzotto, rampollo di una famiglia che ha fatto dell’industria una religione più spirituale che laica. Poi è la fotografia, lucida ed affettuosa, di un mondo in decomposizione (l’alta moda e tutto ciò che gira attorno, party faraonici soprattutto) che non può esistere più, un mondo in cui Sir Michael Caine dà gustoso spettacolo in giardino e Joan Collins si diverte alla finestra mentre Claudia Schiffer ondeggia tra i banchetti. Un mondo in cui Valentino Garavani prende sottobraccio Karl Lagerfield (probabilmente lo stilista più iconico in circolazione) e gli fa vedere certi vestiti, roba che oggi due Dolce e Gabbana qualunque non farebbero mai. E soprattutto è il romanzo di una grande storia d’amore che dura da quarant’anni di vita pur avendo assunto altre forme. Cos’è, se non amore, quello strano sentimento che lega il capriccioso ma geniale stilista e il risoluto, severo ma devoto braccio destro economico Giancarlo Giammetti? Un film imprevedibilmente bello che non si fa scrupolo nel mettere in scena anche le delusioni (più che altro gestionali) e i rimpianti (sulla bellezza e sul suo stupro ad opera di chiunque) di un illuso ma concreto signore dello stile.
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