Regia di Gus Van Sant vedi scheda film
In tempi in cui gli uomini di potere, in Italia, si dividono tra chi è dalla parte delle leggi di Dio e chi, invece, dalla parte di quelle dell’uomo, un film come questo è il giusto modo per comprendere che può esistere un’altra possibilità: la persona, prima di tutto. Anche prima delle leggi.
Milk è il film ideale per riflettere, in questi giorni in cui facciamo memoria su quello ch’è stato e su quello ch’è ancora oggi, fomentato dalla terribile idea della persecuzione della diversità.
“Da qualche parte, a Des Moines o a San Antonio, c’é un ragazzo gay che ha improvvisamente realizzato di essere gay. Sa che se i suoi parenti lo scoprono lo cacciano di casa, i suoi compagni di classe lo scherniscono e gli Anita Bryant e i John Briggs (ndr politici omofobi dell’epoca) fanno la loro parte in tv. Per il ragazzo si prospettano diverse soluzioni: nascondersi nello sgabuzzino e suicidarsi. Trasferirsi in California o restare a San Antonio e combattere”. Questa è la premessa che accompagna il destino di un uomo che oggi potrebbe avere il nome di altri uomini in carne ed ossa: da Nichi Vendola ad Obama, da Oscar Pistorius a Mandela. Uomini che hanno fatto della loro diversità la bandiera per superare, con la verità, le leggi terrene e celesti. Quasi suddiviso in due parti, il film è l’unione di un interessante documentario storico, con molte scene tratte da filmati del tempo, insieme al racconto che lascia spazio solo all’emozioni. Un movimento di “diversi” che lotta e cresce, utilizzando solo l’arma della propria dignità e dei propri diritti: gay, poveri, marginali, uomini e donne. Il regista, Gus Van Sant, che ci aveva lasciato con il bel Paranoid Park, riesce con abilità ad armonizzare documentario e fiction. A raccontare la vita di Harvey Milk, nato a Woodmere (Long Island, New York) e laureatosi all’Albany State College. Nel ’52 si arruola in marina, ma presto é congedato. Fu lo stesso Milk a rivelare che in quella occasione era stato vittima di una discriminazione, dato che le forze armate americane non tolleravano la presenza di omosessuali al loro interno. Trasferitosi, nel ’72, a San Francisco, la città più accogliente per i gay, si stabilì con il compagno Scott Smith e, nel quartiere di Castro, aprì un negozio di fotografia, il Casto Camera. Emerse ben presto come leader della comunità gay, fondando la “Castro Valley Association” dei commercianti locali, e fungendo da rappresentanti per gli interessi del quartiere, nelle relazioni con il governo cittadino. Il clima, a livello nazionale, non era certo favorevole agli omosessuali (non diversamente da quello di oggi, specie nel nostro paese cattolico), ma Milk osò candidarsi tre volte. Fu sempre un insuccesso. Ma il suo impegno pubblico lo portò ad essere il portavoce della comunità gay di San Francisco, venendo per questo soprannominato “Sindaco di Castro Street”. Nel ’77 fu eletto consigliere comunale, risultando così il primo rappresentante eletto di una delle maggiori città degli Stati Uniti ad essere apertamente gay. In undici mesi si batté in difesa di una legge per i diritti dei gay. Fu anche decisivo nel rigetto della “Proposition 6”, supportata dal senatore dello stato Briggs, che avrebbe permesso agli insegnanti dichiaratamente gay di essere licenziati in base alla loro identità sessuale. Milk dibatté pubblicamente con Briggs sull’argomento, rivelandosi in questo modo, per acutezza e per intelligenza all’intera nazione. Nel novembre 1978 la “Proposition 6” fu fermamente respinta dai californiani. La sua vittoria non è stata solo una vittoria per i diritti dei gay, ma ha aperto la strada a coalizioni trasversali nello schieramento politico. L’incarnazione e un modello per chi, ancora oggi, combatte per i diritti civili. Non è difficile comprendere perché questo film ha già ottenuti importanti riconoscimenti (il New York Film Critics Circle gli ha assegnato il premio come miglior film dell'anno. Sean Penn e Josh Brolin hanno vinto, rispettivamente, il premio come migliore attore protagonista, oltre al fatto ch’è anche candidato ai Golden Globe, e quello come migliore attore non protagonista). Immenso Penn. Credibile, perché autenticamente sofferente e passionale, nello stesso tempo morente, al modo di alcuni fra i migliori personaggi utilizzati dal nostrano Puccini nelle sue opere, in modo particolare, in Tosca. Un film impedibile per chi intende la memoria non come un qualcosa di legato al passato, ma piuttosto ancorato ad un presente che si vorrebbe cambiare. Giancarlo Visitilli
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