Regia di Werner Herzog vedi scheda film
Un personaggio 'ai margini', quello di Zishe Breitbart, un altro, l'ennesimo del cinema di Herzog: 'diverso' in quanto ebreo, in quanto smodatamente forte, in quanto dotato di una sensibilità superiore alla norma. Non poteva non catturare l'attenzione del cineasta tedesco, che scrive e dirige la sua storia (lievemente romanzata, ma in sostanza corrispondente a verità) come ritorno al cinema a soggetto dopo esattamente una decade (da Grido di pietra, 1991). Ancora una volta Herzog si trova a dover bilanciare le proprie ambizioni - qui piuttosto alte, sia per il soggetto che a livello estetico - con un budget ristretto e riesce a barcamenarsi soltanto grazie a una bravura fuori discussione; l'occhio curioso, da testimone storico-documentaristico del regista è ben servito qui da una (insolita) coppia di protagonisti riuscitissima, quella composta da un divo hollywoodiano, Tim Roth, e un esordiente totale, il culturista norvegese Jouko Ahola. In particine ci sono anche Udo Kier (un nazista) e Rudolph Herzog, figlio del regista (un mago). Che quella di Zishe Breitbart possa soltanto somigliare a una fiaba (la classica parabola del succitato 'diverso' che si emancipa grazie alle sue straordinarie qualità), ma che a tutti gli effetti non lo sia, lo conferma il crudele finale, giustamente riportato con tutto il suo valore di disillusione intrinseco. In Italia Invincibile venne presentato in perfetto orario (a Venezia 2001) salvo non trovare poi distribuzione per sette lunghi anni. 5,5/10.
L'ebreo polacco Zishe, forzuto in maniera inverosimile, viene arruolato da un impresario per lavorare come fenomeno da baraccone in Germania; siamo negli anni dell'ascesa nazista e Zishe non avrà affatto vita facile. Ma, complice anche la sua crescente popolarità, l'uomo decide di ribellarsi e diventa un simbolo per gli ebrei in terra tedesca.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta