Regia di Ursula Meier vedi scheda film
L'idea di partenza non è male: una famiglia francese (lui, lei, e 3 figli che più diversi tra loro non si potrebbe) vive felicemente in una villetta ai bordi di un'autostrada che non ha mai visto concludersi i lavori, una delle tante cattedrali nel deserto di cui noi italiani siamo degli specialisti. Ma un bel giorno qualcuno decide di concludere l'opera e quell'insolita serenità bucolica si trasformerà in un inferno. Pur di non allontanarsi dalla loro magione, i cinque si mureranno in casa.
Il film d'esordio dell'elvetica Ursula Meier comincia come un film di Bunuel, con un forte senso di irrealtà, prosegue come uno di Shyamalan o di Dan Siegel, con il transito delle prime automobili simili all'arrivo di astronavi aliene e si chiude come un horror claustrofobico che ricorda Gli uccelli o L'inquilino del terzo piano. Tanto, troppo, se si considera che il film vuole essere una parabola apocalittica sui meccanismi oppressivi della famiglia ma che finisce con lo stemperarsi in un climax di follia piuttosto noioso, dalla quale l'unica che riesce a salvarsi è la più menefreghista di tutti, in ossequio a un darwinismo sociale secondo cui il gene egoista esce sempre vincitore.
Sempre più consunta, la Huppert dà corpo (quello che le rimane) e nervi all'ennesimo personaggio borderline della sua monocorde carriera.
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