Regia di Takeshi Kitano vedi scheda film
L’arte è la cadetta di tutte le attività umane: relegata in fondo a tutte le scale di priorità, e costretta, nel giudizio della società, a rispondere a criteri tanto mutevoli quanto arbitrari. Orientarsi è impossibile, per chi, in quel campo, vorrebbe fare strada: il successo non si ottiene, infatti, né col talento, né con la disciplina; né con il conformismo, né con la stravaganza; né con l’onestà, né con l’inganno. Per il pittore Machisu Kuramochi il traguardo resta così eternamente sfuggente, come la tartaruga lo è per Achille nel famoso paradosso di Zenone. Invano egli continua a rincorrere, lungo tutta la sua vita, i variabili umori del mondo, perché questo non fa che spostarsi in avanti, restando perennemente un po’ più in là della sua portata. A separarlo dalla meta è un quid infinitesimale, e quindi imperscrutabile, come la differenza che distingue una copia dall’originale; è il vizio dell’inadeguatezza, che non è un divario misurabile col metro, perché è un finissimo alone che circonda l’individuo come un abisso dal profilo sottile ma dalla profondità incolmabile. È la disperante condizione in cui essere se stessi è controproducente, ma cercare di essere diversi ha effetti ancor più disastrosi. E intanto è pazzesco vedere come, tutto intorno, i modelli di riferimento, lungi dall’essere ideali, siano palesemente affetti da ogni tipo di disordine ed imperfezione, mentre, incomprensibilmente, il proprio personale caos è sempre e solo disprezzato. L’inutile cimento di Machisu è una guerra a base di macchie di colore: e, metaforicamente, non si potrebbe descrivere altrimenti una lotta contro i fantasmi di idee inconsistenti, come quella del valore di mercato di un dipinto, o dell’attualità di un registro estetico.
Takeshi Kitano ci accompagna lungo questo drammatico percorso con il suo consueto spirito tragicamente giocoso, che scherza candidamente col fuoco e finisce immancabilmente per bruciarsi. La sua poetica, così liricamente dichiarata in Dolls, è ancora quella dei piccoli passi che, seguendo tenacemente la scia dell’amore, riescono, alla fine - in un senso metafisico, che si sottrae alle logiche terrene - a portare comunque lontano.
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