Regia di Uli Edel vedi scheda film
Avendo soltanto un vago ricordo del rapimento e omicidio del presidente degli industriali Hanns-Martin Schleyer e non potendo giudicare sulla rispondenza dei fatti narrati alla realtà degli eventi accaduti negli anni di piombo (per una visione complementare, rimanderei all’omonimo capolavoro della Von Trotta) tedeschi, mi limito a notare come il film di Edel mi sembri complessivamente riuscito. Sia sul piano narrativo che da quello puramente scenografico della ricostruzione storica, riesce a dare un’idea del clima di un’epoca, delle ragioni della nascita di un gruppo di lotta armata, delle motivazioni che spinsero all’adesione persone provenienti da esperienze così diverse come il delinquente sedicente anarchico Andreas Baader e la promettente giornalista Ulrike Meinhof (pronta ad abbandonare marito e figlie), nonché, per lo spettatore italiano, a fornire elementi di confronto con le “nostre” (purtroppo) Brigate Rosse e con i metodi con i quali il fenomeno fu affrontato nella Repubblica Federale di Germania ed in Italia. Non voglio dire che il film sia privo di difetti, che consistono, a mio parere, nella sua eccessiva lunghezza (per lo scrupolo di mostrare le imprese degli eredi di prima e seconda generazione della R.A.F.), con una scelta che si è arenata a metà tra il puro cinema e la fiction televisiva, ma anche nella scelta di qualche attore (non mi è piaciuto Bleibtreu nella parte di Baader, mentre è ottima la Gedeck in quella della Meinhof), nonché in una eccessiva seriosità di fondo, non compensata da uno scrupolo ricostruttivo sugli aspetti della vicenda rimasti oscuri, come le morti contemporanee nel carcere di Stammheim.
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