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La banda Baader Meinhof

Regia di Uli Edel vedi scheda film

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La recensione su La banda Baader Meinhof

di Peppe Comune
5 stelle

Andreas Baader (Moritz Bleibtreu), Ulrike Meinhof (Martina Gedeck) e Gudrun Enliss (Johanna Wokalek) erano i leader della Raf (Rote Armee Fraktion), un orgonizzazione terroristica che si propose di combattere in armi contro quell'imperialismo americano avvertito come la nuova incarnazione del fascismo. Bombe, attentati dinamitardi, attacchi mirati ai luoghi simbolo del capitalismo e guerriglia urbana, divennero le caratteristiche fondative di una strategia della tensione che partiva col fine costruire una società più umana e finì, invece, col disumanizzare loro stessi. L'uomo che più riuscì a capire i motivi di fondo che resero possibile l'ascesa della banda fu Horst Herald (Bruno Ganz), che da un la fu il loro più strenuo cacciatore, dall'altro lato capì che quei giovani rappresentavano il segno di un malessere molto più vasto e profondo.

 

 

"La banda Baader Meinhof" non è un brutto film se da esso ci si aspetta solo qualche ora di sano intrattenimento in compagnia di un film suffientemente avvincente sul piano del ritmo. Ma manca dell'appropriata profondità analitica, qualità fondamentale per un film che si accompagna allo scorrere della storia proponendosi di raccontarla in uno dei suoi aspetti più complessi : quando la cieca violenza viene percepita in nome di giuste rivendicazioni e occore descrivere con sapiente equilibrio il rapporto che intercorre tra le finalità politiche che si vogliono raggiungere e i mezzi che si usano per applicarle ; quando chi si propone di mettere a nudo le ingiustizie del mondo diviene schiavo del fanatismo politico che sta alla base del suo sedicente progetto rivoluzionario. Un appiglio valido è fornito dalla figura di Horst Herald, non tanto perchè sia caratterizzato meglio degli altri, ma perchè attraverso alcuni suoi dialoghi viene posta la questione principale in tutta la sua disarmante semplicità, e cioè, che in ogni momento storico, se non si rimuovono le cause di profonda ingiustizia sociale tra gli esseri umani, il terreno di coltura per le organizzazioni terroristiche rimarrà sempre fertile. Questione che sarebbe dovuta essere centrale per un film che, concentrandosi sulle gesta di un organizzazione terrorista, non avrebbe ne dovuto e ne potuto prescindere dall'analizzare accuratamente il quadro storico coevo, sia nella sua natura fenomenologica che nelle sue implicazioni sociali ; sia per ricavare notizie sui prodromi che hanno generato la deriva estremista che per capire i motivi profondi che ne hanno favorito l'ascesa. Invece, in circa due ore e venti di film, si compie una "full immersion" prodigiosa lungo tutti gli anni settanta, dove i principali eventi e personaggi della storia mondiale, insieme a diversi protagonisti delle vicende rappresentate, entrano ed escono con la velocità del lampo, senza che si riesca bene a stabilire il grado di contingenza storica dei primi, e senza che vengano delineati per bene i ruoli e le caratteristiche dei secondi. Sarà stato un mio limite, ma non mi sembrano specificati nella giusta chiarezza iconografica ne il passaggio da una forma seppur forte di disubbidienza civile all'escalation di violenza che contraddistinguerà il gruppo, ne la logica conseguenzialità tra l'indottrinamento della banda per mano dei guerriglieri di matrice islamica col successivo legame che si instaurerà tra le loro rivendicazioni e l'esperienza "dell'ottobre nero". I ragazzi che prendono le redini in mano dopo l'arresto dei leader storici poi, quelli che preparano le azioni più temerarie della banda, da dove escono ? Dov' erano prima ? Cosa li ha prodotti ? Ripeto, è un film adeguatamente avvincente e dall'alto tasso di spettacolarità, ma risulta insufficiente nell'offrire quegli strumenti critici idonei per predisporsi alla comprensione filologica di un problema. Chi, come me, parte con tali aspettative, credo, rimarrà abbastanza deluso.

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