Regia di Menno Meyjes vedi scheda film
Immagino che chi conosce bene la storia di Manolete sarà rimasto deluso da questo film. Il torero più amato dagli Spagnoli negli anni ’30 e ’40, vero e proprio mito della sua epoca, ebbe vita breve, ma travagliata e intensa. Divenne, suo malgrado (ma non controvoglia), un divo della Spagna franchista; si arricchì, mai non fu mai felice, la corrida fu il perno della sua esistenza e ne fu travolto. Di tutto questo nel film di Menno Meyjes non si parla o si parla assai poco. La sua storia d’amore con l’attrice messicana Lupe Sino ebbe certamente una grande importanza negli ultimi diciotto mesi della sua vita, ma qui occupa tutto lo spazio e non consente di penetrare a fondo un personaggio così complesso e controverso. Per due splendidi attori, Adrien Brody e Penelope Cruz,, mi sembra un’occasione mancata. Dialoghi scontati e un esagerato romanticismo assumono un’importanza spropositata in una vicenda che offriva ben altri spunti narrativi. Se si esclude la parte finale del film, a latitare è proprio la corrida, il suo significato tradizionale e storico, la sua messa in scena e il suo rituale (solo accennati), le controversie che da sempre solleva. Personalmente, non condanno le corride. Semplicemente, non riesco a subirne il fascino, perché non appartiene alla mia cultura. Di certo, non riesco a compatire il torero incornato. Mi fa l’effetto del mercenario ucciso in una guerra combattuta per denaro o dello sciatore schiantatosi contro un albero per aver voluto provare il brivido della discesa fuori pista. Detto questo, tutta la drammaticità di un film, che per tre quarti si è perso in una vicenda amorosa in fin dei conti banale, ha finito con il lasciarmi indifferente.
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