Regia di Michael Winterbottom vedi scheda film
Il film racconta di un disperato tentativo di risalita di una famiglia dal dramma di una perdita. Per Michael Winterbottom si tratta di una storia profondamente intimista e personale, drammatica, ed in questo ha i suoi pregi e i suoi difetti. Il film è comunque di grande impatto emotivo: riesce a coinvolgere lo spettatore che si immedesima del dolore straziante di una famiglia disperata.
Il padre è rappresenta l'equilibrio, ed insieme il disperato tentativo di andare avanti, la figlia piccola (Mary) è invece l'unione degli affetti, la figlia più grande l'elemento distorsivo e di contrasto. E' interessante la location, una (quasi assoluta) novità, perchè fotografa Genova restituendole finalmente quel carattere di fascinoso mistero che la caratterizza. Nelle buie stradine si incontrano extracomunitari minacciosi, viados dallo sguardo altero ma benevolo, giovani superficiali....il tutto intorno ad una bambina fragile e fiera allo stesso tempo, il vero unico elemento di continuità della famiglia.
Venendo ad altri aspetti del film, il doppiaggio è decisamente irritante (la voce della studentessa che seduce il protagonista è davvero brutta) e sa di posticcio (il doppiaggio sa sempre di posticcio, in questo film però si sente di più), mentre incomprensibile l'aver girato le scene iniziali in Svezia.
Le nuove regole del cinema mondiale comportano spesso l'ottenimento di fondi in funzione della scelta di una determinata location, cosa che è intuibile sia per la scelta di Genova che per la scelta della Svezia. Solo che nel primo caso era funzionale al racconto, nel secondo sostanzialmente inutile (visto che poi tra l'altro la Svezia delle riprese è diventata la Regione dei Grandi Laghi nei dintorni di Chicago), e quindi sapeva di marchetta.
La perdita improvvisa e stupida (se mai ce ne siano....) della moglie e madre, venutaa mancare in seguito ad un incidente automobilistico involontariamente causato da una delle due figlie che sedevano nei sedili posteriori, rimaste illese.
La più piccola non si riavrà mai dallo shock di aver causato l'incidente, e la più grande, in piena tempesta emotiva ed ormonale non riuscirà ad accettare la situazione fino a quando la paura di un dramma (un altro, forse anche più forte) non la riporterà ad amare la sorella.
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