Regia di Michael Winterbottom vedi scheda film
Sulle gelide strade della brughiera d’oltremanica un gioco innocente si muta in tragedia. Una giovane madre muore e il marito, un professore universitario inglese, decide di passare un anno a Genova, lontano dai luoghi del lutto, per ricostruire se stesso e tenere in carreggiata due figlie dolorosamente allo sbando. Kelly, la più grande, si aggrappa alla vita consumando un’adolescenza spensierata, fatta di amori e rifuggendo le responsabilità. Mary, la minore, è interiormente rosa dal rimorso (ha accidentalmente provocato lei l’incidente) ma è accompagnata dal fantasma della madre che le fa da angelo custode. Sullo sfondo, ma in realtà in primo piano, c’è Genova, che assurge a protagonista assoluta del film. Non siamo in una favolistica Brugess o in uno spot turistico di Barcellona, qui ci troviamo in una città fotografata nel chiaroscuro dei suoi labirintici carrugi, talvolta maleodoranti e invasi da impalcature, eppure così veri, apparentemente decadenti, testimoni antichi di un passato medieval/rinascimentale che vide la città “superba”. Proprio questo è il pregio maggiore del film: l’aver saputo rendere Genova estremamente vera, non una cartina patinata, ma una città viva nelle sue contraddizioni. Per il resto, il film non è esente da difetti: è pesante e la dimensione onirica/surreale in cui vive Mary mal si sposa con le restanti situazioni, spesso sospese, quasi irrisolte. Ma a ben pensarci, forse, questo difetto può mutarsi in pregio perché la vita reale fatta di tante cose in sospeso ci restituisce una quotidianità vera, come l’atmosfera della città.
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