Regia di Jonathan Demme vedi scheda film
Scusate, forse all’ultima Mostra di Venezia, dove era in concorso, erano tutti distratti e non se ne sono accorti, ma Rachel sta per sposarsi non è un bel film. È molto di più. È un’opera totale che sembra “farsi” mentre la vedi, una storia che coinvolge solo accadendo, senza artifici retorici, una rappresentazione che nasce per il palcoscenico e invece diventa quintessenza del cinema, tra Godard e Cassavetes, danzando però come matti al suono di Neil Young. Teoria? Forse, ma che importa. Se non ci si emoziona di fronte alla sapienza di un film simile cosa resta del giorno, della notte, del piacere degli occhi? Kym (Anne Hathaway: bravissima) tossica e sbarellata torna a casa per partecipare al matrimonio della sorella Rachel. Anzi, prima alle “prove del matrimonio”. Per cinque giorni gli interpreti, il regista Jonathan Demme e il direttore della fotografia Declan Quinn si sono trovati nella casa di famiglia che fa da set e hanno lavorato paradossalmente (se si pensa alla trama…) senza provare prima. Liberi, autori e attori, di interpretare (nel senso più ampio del termine) come volevano il copione di Jenny Lumet (figlia di…), in origine scritto per il teatro. Macchina da presa a mano e imprevisti extradiegetici che irrompono in scena. Per esempio, la protesta della Hathaway nei confronti dei musicisti in giardino che fanno casino era in sceneggiatura? Ma il cortocircuito tra l’idea di un film che abbia unità di tempo luogo e azione e la sua forma più tradizionalmente narrativa (c’è una storia drammatica da raccontare, perché la famiglia della sorella della sposa ha uno scheletrone nell’armadio) non inficia la tensione emotiva, non è mai, semplicemente, “esperimento”. Anzi, Demme sceglie saggiamente di alzare la corrente, con botte melodrammatiche, come nel confronto tra Kym e la madre (Debra Winger!), da poema sirkiano. E davvero vorrebbe lasciare il cinema a soggetto per occuparsi solo di documentari, come da tempo va dicendo? Per carita, fate qualcosa, fermatelo!!
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