Regia di Matt Mulhern vedi scheda film
Il protagonista maschile (interpretato senza fatica da David Lawrence Schwimmer) è un alcolizzato non consapevole e poco sveglio, tendenzialmente depresso e deprimente, autolesionista e tonto. Nel corso del film manifesta buoni sentimenti anche se ambigui, con frustrazione ed aggressività latente, che si manifestano nei momenti meno opportuni, per cui risulta simpatico al pubblico ma al tempo stesso irritante per la sua imbecillità comportamentale che gli fa sempre compiere le scelte peggiori e più demenziali, autolesionistiche e dannose per coloro che si fidano di lui. Ha dei valori umani e sociali che lo circondano e a cui potrebbe aggrapparsi: un ottimo amico, due splendidi vicini di casa, una ex moglie che in fondo gli è ancora legata affettivamente, una nuova partner disponibile ma che lui ferisce fin da subito in maniera stupida, un gruppo di alcolisti anonimi in terapia che potrebbero aiutarlo, un buon capo sul lavoro che fa di tutto per salvargli il posto (che lui ovviamente perde per stupidità), ecc., ma queste molteplici opportunità non le coglie, almeno fino alla fine del film. Lo scopo dell’autore probabilmente era proprio questo: far capire allo spettatore che siamo noi con il nostro atteggiamento e punto di vista ad interpretare ed orientare la realtà in modo che ci si ritorca contro; cambiando punto di vista interpretativo (da cui il titolo del film in italiano, una volta tanto non sbagliato) si vedono cose che prima non si vedevano e non si capivano e si fanno scelte diverse, rivalutando e rinnovando la propria vita. Se c’è riuscito un tontolone come il protagonista di questo film, ci può riuscire chiunque.
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