Regia di Max Ophüls vedi scheda film
Un capolavoro del melo ambientato nell'atmosfera romantica e struggente della Vienna d'inizio 900, la tragedia dell'amore ostinato e non corrisposto di una donna condannata a restare una "sconosciuta" per l'amato, diretta come un valzer dal tocco magico di Max Ophüls.
Ambientato nel setting prediletto dal regista Max Ophüls, la Vienna tardo-asburgica di fine Ottocento / primi Novecento, minuziosamente ricostruita in studio, racconta una struggente storia d’amore non corrisposto attraverso una lettera recapitata ad un gentiluomo (Stefan), che sta per abbandonare precipitosamente Vienna per sottrarsi ad un duello (un topos ricorrente in Ophüls ). A scrivergli è una certa Lisa, ai suoi occhi una sconosciuta, che dalla lettura della missiva scopre con sorpresa avergli consacrato l'intera esistenza. Molti anni prima l'adolescente Lisa (Joan Fontaine) si era silenziosamente e nascostamente innamorata del vicino di casa Stefan, musicista di talento (Louis Jourdan), uomo fascinoso ma farfallone, che passava con leggerezza da un'ammiratrice ad un'altra. Con caparbietà Lisa aveva superato tutti gli ostacoli che la vita le aveva messo sul cammino per riuscire finalmente ad attirare l'attenzione di Stefan, che tuttavia finirà inesorabilmente per dimenticare ogni loro incontro, mentre per l'inguaribile Lisa lui continuerà, a sua insaputa, a costituire il fulcro dell'esistenza.
Storia straziante tratta dal romanzo di Zweig, raccontata attraverso flashback introdotti dai passi della lettera, il tocco magico e leggero di Ophüls ne fa un capolavoro del melo, il vertice della fase hollywoodiana dell'autore che, dopo i primi passi nella Germania di Weimar, si era trasferito in America, per poi concludere la sua folgorante carriera in Francia negli anni 50.
Ophüls ci immerge in un'atmosfera romantica, decadente e struggente, perfetta per un melo di inizio secolo, ed il suo senso dell'ironia gli permette comunque di alleggerire questa storia tragica con momenti di commedia. Grazie alla sua maestria nel rendere sullo schermo l'introspezione psicologica, Ophüls riesce a farci partecipare, senza cadere nel piagnisteo, alla morbosa ostinazione con cui Lisa ama il noncurante Stefan, la sua passione ricambiata con l'indifferenza e la dimenticanza, e per farci commuovere per la sua condizione di “sconosciuta”, ancora più umiliante perché i due si sono di fatto frequentati, ma per l'uomo, che si rivela autodistruttivo e vile, lei è caduta nel dimenticatoio insieme chissà quante altre fiamme passeggere.
Nel suo tipico stile fluido ed armonioso, la macchina da presa di Ophüls danza continuamente come in un valzer viennese intorno ai personaggi all'interno dei set, volando con eleganza trasportata da gru, per seguirli nei saliscendi sulle scale dell'abitazione viennese o assisi nei palchi del teatro dell'opera. Meravigliosa la sequenza del finto viaggio in treno, attrazione del parco divertimenti del Prater, in cui il viaggio si rivela una fantasia, un'illusione come quelle che coltiva il cuore della donna. Parte di questa danza è anche il suo amore per la circolarità, per cui Ophüls ritorna sovente nel corso del film su alcune scene: il portone dove Lisa vede entrare Stefan con altre donne, poi inquadrato dalla stessa angolazione quando anni dopo lo varca con lei, o la stazione ferroviaria che torna due volte come luogo di un arrivederci che ci si illudeva fosse solo temporaneo.
Joan Fontaine, la cui narrazione in voice-over della lettera scritta da Lisa rappresenta il filo conduttore della vicenda, è perfetta nel ruolo della protagonista, da ragazzina sognante a ragazza determinata e poi donna matura distrutta, immutabile nel suo amore caparbio per un uomo che non la merita, incarnandone con trattenuta emotività l'adorabile ingenuità e la sconfortante disperazione.
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