Regia di Giorgio Bianchi vedi scheda film
Un uomo scopre, alla morte di un'amante del passato, di avere un figlio ormai adulto. Lo rintraccia e scopre che il ragazzo frequenta pessime compagnie e spaccia droga. L'uomo, non rivelando di essere suo padre, cerca di aiutarlo in ogni modo, anche quando il giovane viene accusato di omicidio.
Soggetto e sceneggiatura firmati da Aldo De Benedetti, Una lettera all'alba è un grave (nell'accezione della pesantezza) melodrammone che racconta di un'Italia vecchio stampo, oramai sorpassata perfino per il 1948 in cui la pellicola esce in sala. Se il cinema italiano - quantomeno quello 'autoriale' - sta tentando di emanciparsi in ogni modo dai telefoni bianchi e dalle innocue e insipide operine d'epoca fascista, il melodramma, genere popolare per eccellenza, è in fin dei conti l'anello di congiunzione cinematografico fra anteguerra e dopoguerra. Giorgio Bianchi, regista ancora alle prime armi, si destreggia in questo periodo fra lavori alimentari senza grandi pretese, in attesa di trovare la sua strada nella commedia: dirigerà Sordi, Totò, Tognazzi & Vianello e molti altri. Qui dimostra le sue competenze portando a termine una pellicola sufficientemente rifinita per le sue ambizioni, con un cast molto valido a sua disposizione: Fosco Giachetti, Jacques Sernas, Lea Padovani, Salvo Randone, Ernesto Calindri, Franca Marzi e Olga Villi sono gli interpreti principali del film. Il ritmo è abbastanza altalenante, le emozioni sono toste e prevedibili come il genere impone. In quello stesso anno Bianchi approdava in sala anche con il più leggero Che tempi!, con Gilberto Govi e i giovani Alberto Sordi e Walter Chiari. 2,5/10.
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