Regia di Maria Sole Tognazzi vedi scheda film
Seppur lodevole l'intenzione della regista nel voler illustrare i patemi d'amore dal punto di vista maschile, la successiva realizzazione impatta una vagonata di luoghi comuni e di deja vù di dubbia utilità. Si vorrebbe anche vivacizzare il tutto con lo sfalsamento temporale dI due vicende (voluto o non voluto poi?!? certo i buchi di sceneggiatura non aiutano a capire... o forse sono appigli messi apposta per poter dire: "guarda non è che ti volevo fregare..."? bah!...). In una storia Favino lascia la Bellucci (e già qui sfioriamo la fantascienza, come ammesso dal medesimo attore in un' esilarante intervista festivaliera) e nell'altra è mollato (stavolta meno fantascientificamente) dalla Rappoport (che ricordiamo nello splendido La sconosciuta). Ma se nella vita normale, pur a livello inconscio, facciamo tesoro in qualche modo di esperienze traumatiche (come ci ricorda Carlo, tenero e sognante fratello gay di Favino, autore di una bellissima lettera il cui spirito è praticamente clonato dai titoli di coda di The Big Kahuna), qui Favino si agita, spesso brusco ed indispettito, altre volte lesso e catatonico, passando da carnefice e vittima senza (farci) avvertire i contrasti delle situazioni ed alternando il tutto al lavoro in farmacia alle prese con una capa (Paredes) che avremmo voluto scoprire più correttamente di come presentata. I toni smorzati di una Torino provinciale si alternano ad una fotografia leziosetta in perenne ricerca del raggio di luce giusto, della penombra adombrante e del riflesso vincente. Scena clou la Bellucci che entra nella doccia (non me ne voglia la mia adorata consorte...)
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