Regia di Ferzan Özpetek vedi scheda film
Avevo quasi deciso di passare la mano e, una tantum, non recensire un film che avevo visto: sarebbe stata la prima volta. Ma tutto sommato credo che mi faccia bene condividere in rete con altri la mia forte delusione. Ma dove starebbe l'imbarazzo, se il film è in corso di stroncatura pressochè unanime da parte della critica (anche se poi al vasto pubblico dei multiplex i drammoni non dispiacciono e dunque credo al botteghino risulterà vincente)? L'imbarazzo riguarda me, intimamente, perchè questo film sbagliatissimo (scritto male e diretto con mano infelice) ha tuttavia un suo OSCURO potere seduttivo, dal quale (essendone io stesso stato tentato) vorrei mettere in guardia coloro che il film ancora non l'hanno visto. Oggetto della storia è una famiglia a pezzi, una famiglia di separati come ce ne sono tante, ma qui di sopra le righe c'è un uomo (ex poliziotto) che non l'ha presa affatto bene e che fa a pugni coi fantasmi della propria mente, cadendo vittima di pulsioni violente e di ossessioni chiaramente patologiche. E' evidente che l'evento tragico finale E' GIA' SCRITTO, e questo malessere che serpeggia per tutto il film ha un suo fascino, che è poi il fascino dell'OSCURO, del MALATO, del BUIO DELLA MENTE, forse un fascino anche letterario, e siccome è percepibile in modo diretto dallo spettatore in quanto facilmente collegabile alle decine di titoli che popolano le pagine di cronaca dei quotidiani (i casi reali di mariti separati che non si danno pace e alla fine compiono una strage ormai non si contano...) il pericolo qual'è? Quello di farsi COINVOLGERE troppo dal "caso drammatico" e dal progressivo precipitare verso la follìa finale, dimenticando così lo "specifico cinematografico", che ci porta su un'altra strada, lastricata di errori di regìa, di mancanze gravi di sceneggiatura, di dialoghi imbarazzanti, insomma tutto ciò che fa di questo film un'opera bruttina e a tratti sgradevole. E ci si chiede come sia possibile riscontrare tali e tanti errori da parte di un cineasta acclamato fra i migliori e pluripremiato. Personalmente avevo detestato anche "Saturno Contro" e mi ero rinfrancato alla notizia che Ozpetek avesse cambiato rotta e, come suggerivano le voci che circolavano in rete, avesse per una volta rinunciato a raccontare "il suo mondo" con il quale non avvertivo grandi affinità. Ma non potevo immaginare che QUESTA sarebbe stata la svolta. Qualcuno ha detto: "Oh, finalmente un nuovo Ozpetek!!" Beh, allora ridateci quello vecchio, a questo punto. Io posso capire il pessimismo e la scelta di realizzare un film buio e tragico, privo di consolazioni o di vie d'uscita, ma riempire una scatola vuota solo di cupezza, tragedia e dramma, alla fine può risultare soffocante e indigesto. Nel film non c'è respiro, ma solo uno scendere, fotogramma dopo fotogramma, gradino dopo gradino, una scala che porterà ad un sotterraneo da cui non si può scappare. Ozpetek appare talmente preso dalla rappresentazione di questa furia drammatica che dimentica di rifinire certi aspetti a livello di sceneggiatura, e scorda certi personaggi secondari, lasciandoli soli o tratteggiandoli sommariamente come imbecilli, privandoli di un senso e di un passato che li definiscano. E' strano a dirsi, ma sembra quasi che Ozpetek sia caduto in preda ad un delirio che lo ha portato ad enfatizzare il senso del dramma, buttando alle ortiche la sua sensibilità di cineasta che conoscevamo e rendendo la fruizione penosa per lo spettatore. A ben vedere, un paio di punti di contatto con l'Ozpetek consueto si possono individuare. Prima di tutto la centralità della figura femminile e l'ammirazione sconfinata per il coraggio delle donne, a fronte di uomini deboli e destinati a soccombere senza reagire al primo ostacolo che trovano. Poi, anche in questa occasione è presente la famosa "coralità" ozptekiana, ma stavolta è limitata da personaggi (soprattutto femminili) scritti con troppa approssimazione, al punto tale che alcuni di questi ultimi rappresentano per lo spettatore degli "enigmi umani", non è ben chiaro se volutamente o no. Ah, ecco un ulteriore dettaglio che avevo già rimosso: tremende, davvero tremende le musiche, invadenti e tronfie, spesso sparate a volumi esagerati. Stupisce un pò, considerando l'incompiutezza con cui certi personaggi vengono raccontati, apprendere che a fianco di Ozpetek, come co-sceneggiatore troviamo una autorità come Sandro Petraglia. E concludiamo con un cenno al cast, premettendo che le interpretazioni sono tutte di buon livello e dunque gli attori non hanno colpa se il risultato finale è quanto meno discutibile. Isabella Ferrari e Valerio Mastandrea (per quest'ultimo la scelta di un ruolo drammatico rappresentava un'autentica sfida, peraltro vinta) mettono tutto il loro impegno al servizio di due personaggi difficili, due poveri esseri ridotti in frantumi le cui vite sono state piegate da umiliazioni e incomprensioni. La Sandrelli, pur in un contesto altamente drammatico, riesce ad essere briosa come al solito. La Guerritore e la Finocchiaro, brave ma penalizzate da due ruoli che la sceneggiatura ha trattato con estrema superficialità. Nicole Grimaudo è bella da far paura (mammamia, che creatura splendida). E per ultimo, colui che -parere personalissimo- esce da questo film come un gigante: Valerio Binasco. Ecco, lui è un altro dei personaggi del film di cui la sceneggiatura ha fatto scempio, ma essendo un attore di spessore enorme riesce comunque a ricavarne una splendida performance, utilizzando un bagaglio di esperienza che va dalla voce impostata nel modo giusto alla forte espressività degli occhi e all'accortezza dei movimenti. Concludendo: sono dei bravi attori ad aver tentato di salvare un film deludente come pochi altri.
Voto: 5
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