Regia di Clark Gregg vedi scheda film
Un personaggio al centro della scena, un'indagine psicologica-psicanalitica ai limiti del superficiale ed una serie di comprimari attorno, che servono semplicemente a rivelare le sfaccettature del protagonista: come in Fight club, Palahniuk adotta una struttura narrativa molto semplice e lineare, in cui tutto accade solamente in presenza dell'attore centrale-narratore. Di originale non c'è granchè (certo di più che in Fight club, che spudoratamente plagiava l'idea di base del Sosia di Dostoevskij), ma è un film sobrio, accattivante e concentrato: in un'ora e mezza succede tutto, senza pause o lungaggini, con una cospicua quantità di colpi di scena. Incomprensibile quella storia del soffocamento - da cui persino il titolo -, che compare qua e là nella storia, senza avere alcun ruolo determinante in essa (il soffocamento come la mancanza dei genitori? l'ansia della crescita, per un personaggio che rimane ancora bambino nonostante vada verso i quaranta? una punizione autoinflitta per punire di riflesso la madre? Difficile azzardare ipotesi, come si diceva all'inizio: purtroppo l'analisi psicologica è non poca, ma grezza e male approfondita).
Victor fa la comparsa in un museo vivente e mantiene a fatica la madre, completamente pazza, in un ospizio. E' sessuomane e sta cercando invano di disintossicarsi. Riesce a conquistare anche una dottoressa dell'ospizio, con cui ha un rapporto più profondo del semplice sesso, e grazie alla quale riesce a scoprire la verità su suo padre, personaggio del tutto ignoto a Victor. Lo attendono un paio di rivelazioni sconcertanti.
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