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Giù al Nord

Regia di Dany Boon vedi scheda film

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La recensione su Giù al Nord

di valerioexist
8 stelle

Ero a Bolsena con un mio amico qualche estate fa; un giovane del luogo ci chiese se quella sera saremmo andati “a vedè le foche”. Noi, venendo dalla pur vicina Roma, non potevamo immaginare che nel lago di Bolsena (o comunque in qualsiasi lago) ci potessero essere delle foche ed eravamo curiosi di sapere di che foche si trattase; alle nostre perplessità il pischello bolsenese rispondeva “ma cume! Le foche ce stannu tutte l’anne!”. Dopo un po’ capimmo che per “foche” intendesse le “foche…d’artificiu” che una volta l’anno (“tutte l’anne”) decorano il cielo di Ferragosto della provincia Viterbese.

Questo aneddoto sugli strambi misunderstanding dovuti al “parlar burino” mi è capitato spesso di raccontarlo, fa ridere e ti fa rimorchiare tantissimo. Certo è che non lo puoi raccontare ad una persona non in grado di capire la tua lingua e che misconosce il concetto di burino.

Alla base di tutto ciò che ho detto c’è lo stesso principio per il quale una graziosa commedia francese come “Bienvenue chez les Ch'tis” non potrà mai rimorchiarsi il pubblico italiano come ha fatto coi francesi nella patria della baguette dove ha fatto incassi record raggiungendo il secondo posto tra i film più visti di tutti i tempi (prima di lui c’era quel film con la barca che sbatte allo scoglio e muoiono tutti).
Il film è stato comunque fiduciosamente esportato anche qui da noi (pensate se noi mandassimo in Francia i film nostrani che fanno incassi record qui da noi!).

Il doppiaggio italiano ce la mette tutta, almeno stavolta, a darci l’idea del dialetto del nord della Francia spesso incomprensibile per il protagonista del sud, ma purtroppo è un’impresa ardua come lo sarebbe quella di proporre lo sketch di “noio vulevam savuar” (di “Totò, Peppino e… la Malafemmina”) ad un pubblico di russi.
Il film mostra, in chiave ironica, le differenze tra il nord e sud della nazione in cui si svolge; ma in Francia la situazione è capovolta rispetto all’Italia: di fatti nella patria della Garnier quelli che noi chiamiamo amichevolmente “napoletani” stanno al nord; da qui l’intraducibile titolo viene tradotto in italiano come “Giù al Nord” mutuando l’idea dal titolo di un monologo teatrale di Antonio Albanese (al quale, per puro caso, il regista nonché protagonista di “Giù Al Nord” Dany Boon assomiglia non poco).

Trama: un postino uguale ad Antonio Albanese si finge invalido per ottenere un trasferimento in una zona marittima della costa francese mediterranea e far contenta la moglie carina, ma purtroppo per lui viene sgamato grazie ad un espediente comico non originalissimo (si alza dalla sedia a rotelle durante una verifica) e viene trasferito al nord per due anni. Rassegnatosi alla forzata dislocazione lavorativa saluta la triste moglie ed il piccolo figlioletto doppiato strano e si dirige in auto verso questo “nord”, vestito come se andasse al polo e ricordando i già citati Totò e Peppino nella mitteleuropea Milano della “Malafemmina”. Una volta raggiunto il nord Antonio Albanese conosce i futuri colleghi e per motivi inspiegabili (forse inconscio razzismo o personalità sua un po’ così) si comporta in maniera un po’ scorbutica ma dopo un po’ gli stanno simpatici e trionfa la vecchia morale secondo la quale la gente bòna e umile è la gente più bòna e umile.

Nel doppiaggio italiano i francesi del nord parlano coshì, dicono shcuola, shao, carlosh shantana, shasshari ed usano esclamazioni come “Vaccapùtta” e degli intercalari vocali stranissimi a fine tipo “gneeè” (ma più strani, sentite il film), che mi auguro non vengano usati anche nella versione originale, ma soprattutto che non vengano veramente usati nel nord della Francia.
Tutte le perplessità che possono derivare da questo film non sono dovute alla pellicola stessa e neppure al doppiaggio italiano, bensì dalla poca conoscenza che potremmo avere della loro cultura del settentrione, di alcuni stereotipi tutti loro e di qualche gag probabilmente intraducibile che ci siamo persi.
Per il resto il film è gradevole, storia semplice ma che consente anche una love-story parallela alle vicende del protagonista, strano il fatto che i poliziotti del nord siano gli unici a cui non hanno messo l’accento strano. Non un qualcosa che ti fa veramente uscire dalla sala con la mandibola usurata per il troppo ridere, ma comunque un film gradevole, fresco e suggestivo come uno spettacolo de foche d’artificiu ben realizzato. Un trucco per apprezzarlo a pieno? Essere francese dalla nascita.
Voto: 7+

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