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Martyrs

Regia di Pascal Laugier vedi scheda film

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La recensione su Martyrs

di FilmTv Rivista
6 stelle

Martyrs è il più sconvolgente horror del decennio. Basterebbe questo a renderlo imprescindibile per qualunque appassionato del genere. È molto ben realizzato da Pascal Laugier, ex redattore di “Mad Movies”, nonché regista del derivativo Saint Ange e prossimo realizzatore del remake di Hellraiser. E altrettanto ben fotografato da Richard Grandpierre, che quasi riproduce l’estetica levigata e inquietante impressa da Luciano Tovoli sulla pellicola di Tenebre di Dario Argento, al quale il film è dedicato. Racconta la storia di Lucie, una ragazzina segregata nel 1971 in una misteriosa camera della tortura, seviziata fino a quasi morire, poi libera per caso e finalmente in fuga. Ma da cosa? Quindici anni dopo la stessa ragazza fa irruzione nella bella casetta di una famigliola, nella provincia francese. Abbatte madre, padre e due figli a fucilate e telefona a un’altra giovane donna, Anna, chiedendole di raggiungere quel luogo di orrori. Parrebbe la fine del film, e invece è un (nuovo) inizio, altrettanto disturbante. Non siamo di primo pelo di fronte alle efferatezze di celluloide, eppure Martyrs colpisce durissimo anche gli stomaci più forti, e lo fa in modo particolarmente subdolo perché è sapiente da un punto di vista cinematografico, rifugge la meccanicità artificiale e “disinnescante” di Saw o l’ironia politica di Hostel. È solo “martirio”, come recita il titolo: sofferenza alla quale a un certo punto ci si abitua (forse proprio per questo il film rischia la pornografia), rappresentata come la sola cosa concreta in un mondo di apparenze e convenzioni sociali. Di più: una specie di condizione ontologica, inevitabile e senza catarsi alcuna. Questa e altre motivazioni (la classe “media” che cova l’orrore, discorso vecchiotto) sono però troppo pretestuose per poter assolvere Laugier. Che è regista intelligente e - sia ben chiaro - per nulla assuefatto o compiaciuto della carneficina messa in scena. Nel senso che si percepisce nettamente la problematicità di fondo, ma mancano tutti gli strumenti morali per giustificarla.

 

Recensione pubblicata su FilmTV numero 23 del 2009

Autore: Mauro Gervasini

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