Regia di Kathryn Bigelow vedi scheda film
La guerra è una droga. Come ogni droga crea dipendenza ed è quasi sempre impossibile tirarsene fuori. Naturalmente non per tutti è così. C’è chi la guerra la fa’ per lavoro, chi crede che sia un gioco, chi lo fa’ per la patria, chi per se stesso, perché diventa l’unica cosa che davvero conta. L’occhio perfetto di Kathryn Bigelow, frammentario e mobile, ci trascina nell’inferno del deserto iracheno e ne esci stanco, sudato e psicologicamente provato. Se il film non è tra i migliori da me visti, il lavoro della regista è ineccepibile, bravissima nel mostrare il lerciume delle strade, il sudore sulla fronte. E’ uno stile mai visto, quello di alternare riprese ravvicinate a riprese dalla distanza per poter giudicare da dentro e fuori. La fotografia ha i toni giusti e tutti i colori che ti aspetti da quei posti. Insomma… sei proprio li. Il cast scompare di fronte alla potenza scenica della pellicola che (forse) non meritava l’Oscar, almeno non quanto chi l’ha diretto. Già apprezzato ne “Il mistero dell’acqua”, l’occhio della Bigelow, mi piace per le sensazioni che suscita, per l’adrenalina che si alterna all’angoscia. Superba visuale.
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