Regia di Kathryn Bigelow vedi scheda film
Una squadra di tre artificieri americani in Iraq: il loro capo, prudente e riflessivo, muore durante un’azione; il suo sostituto considera ogni missione come una sfida alla sorte e sembra essere invulnerabile. L’inizio è adrenalinico, poi il gioco si fa ripetitivo; ma i problemi sono soprattutto di ordine ideologico. Il film (come altri ben più beceri, tipo Black Hawk down) vorrebbe aggiornare l’estetica bellica al terzo millennio e all’epoca post guerra fredda; tuttavia, gratta gratta, dietro il nichilismo e l’apparente insensibilità del protagonista (che la sceneggiatura cerca di umanizzare attribuendogli sentimenti protettivi nei confronti di un bambino) c’è sempre il culto fascista della bella morte; pur nella totale assenza di retorica patriottica, c’è un’ambigua esaltazione dei guerrieri americani e della loro presunta opera pacificatrice, senza il minimo dubbio sulla politica di interventismo planetario condotta dal governo USA. Forse non sarebbe male diffidare per principio dei film bellici che vincono l’Oscar nella categoria principale.
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