Regia di Kathryn Bigelow vedi scheda film
Fare un film su una guerra in corso è rischioso, farlo su una guerra che cominciava mediaticamente 10 anni fà quando le parole Twin Towers e Iraq dovevano apparire nella stessa frase pur sapendo che Saddam con l'attentato non c'entrava nulla, diventa quasi impossibile. Quando il conflitto è soprattutto cronaca da televisione non è storia da poter in qualche modo giudicare con una certa freddezza per una regista poco realista diventa missione impossibile. Nella vicenda dei quattro sminatori dell'esercito non c'è politica, c'è pochissima psicologia, c'è molta azione, ma c'è soprattutto una esaltazione, una eccitazione con cui affrontare le bombe e gli spari che tradiscono una rapporto con la guerra fuorviante se non pericoloso. L'altro non c'è, gli iracheni sono passivi assistono alle operazioni di disinnesco dando sempre l'impressione di sperare che l'operazione fallisca. Non c'è nessuna possibilità di contatto tra soldati e locali, il rapporto tra lo specialista e il bambino viene troncato sul nascere. La visione della Bigelow più che realistica è parossistica, drogata esaltata dalla volontà degli sminatori di far passare i giorni restando vivi convincendosi che in fondo il loro è un lavoro come tutti gli altri. In positivo si può dire che in guerra si muore e si uccide ancora, anche se il film ci accoglie con un robot che passeggia per le vie di Baghdad, non siamo ancora al videogioco disumanizzato, se tagli il filo sbagliato sei spacciato. Un film che non riesce ad essere mai spiazzante a volte prevedibile, quando il dottore decide di unirsi agli sminatori mi è venuto subito il sospetto che lo attendesse una brutta fine. Un film che vorrebbe solo raccontare una piccola storia ma che racconta la guerra in maniera manichea senza sfumature da una parte l'eroismo di chi sà che non può sbagliare e dall'altra la volontà di essere indifferenti se non ostili. Un opera non razzista ma buonista, non politica ma ideologicamente corretta.
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