Regia di Pupi Avati vedi scheda film
La struttura si avvale di un canovaccio malinconicamente intriso. Giocoforza restarne contagiati. Incentrata su un rapporto assoluto tra padre (spettacolare Silvio Orlando nell’esaltazione della mediocrità) e figlia (dolcissima ed inquietante Alba Rohrwacher) che, probabilmente per mancanza di alternative, viene emarginata in maniera poco esplicita anche dalla madre, una Francesca Neri appariscente quanto impenetrabile, sia nel suo non rapporto con la figlia (voluto? mai cercato? evitato?) sia nel non rapporto col marito (subito? incattivito? snobbato?). Un inserto di regia elementare spiana da subito, anche all’utente più pigro e ritroso, la strada del non ritorno sulla vicenda, con il reiterato incorniciamento di ebeti “ciao” tra la mamma ed il vicino (un per nulla malvagio Greggio devo dire, solo un po’ troppo fuori riga nel finale), presagendo un’unica ottica di sviluppo e sottolineare - ce n’era proprio bisogno? - il “dove si andrà a parare”. Il papà di Giovanna è in grado di annichilirsi e sacrificare tutto per la figlia, timida, fragile e sull’orlo di un precarissimo equilibrio psichico, per fornirle quel quid in più, sollevarla dall’indifferenza elevandola ad un grado di quieta normalità, ma anche imbeccandola con tragica puntualità fino a provocare l’irreparabile, ed a quel punto la parabola sarà in discesa col papà di Giovanna sempre più esclusivamente papà, e Giovanna sempre più sprofondata nell’isolamento e nell’alienazione. L’ipotetico dischiudersi finale di uno scenario macchiato di speranza l’ho trovato omaggio finale a quest’uomo che combatte con spirito indomito contro il destino ed i suoi infiniti risvolti, che accetta tutto con impassibile pacatezza, che culla i suoi sogni di padre, di marito e scrittore e man mano che gli si spezzano in mano ricuce e riaccomoda con rinnovata caparbietà, credendo innocentemente di far bene. Un omaggio al cieco accanimento. All’ingenuità che combatte l’ineluttabile. Col sorriso.
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