Regia di Pupi Avati vedi scheda film
La madre è docile e servizievole, il padre è solerte e protettivo, la figlia è amica fedele ed innamorata sincera: però nessuno di loro, veramente, ama. In questa storia di ordinario squallore, più che di ordinaria follia, la domanda dove sia l’amore è l’unica voce udibile, che grida dal fondo con la stessa intensità con cui, dinanzi ad eventi terribili, si reclama a volte la presenza di Dio. Giovanna rappresenta l’insospettato abisso nel quale tutti noi possiamo cadere, e che è un tranello nascosto sotto la soffice coperta della normalità. E quando la voragine, ormai, si è aperta, si può solo cercare di ignorarla, con la rimozione ed il rifiuto (come Delia) o con l’ottuso perseverare in una presunzione di innocenza (come Michele). Anche in casi meno drammatici di questo, per i genitori, scoprire che i figli sono diventati adulti è sempre un trauma, che equivale a vederli, improvvisamente, estranei. Alla paura che ne segue si può reagire ritirandosi dal ruolo di educatori e protettori, oppure insistendo, nonostante l’evidenza, nell’illusione di avere ancora davanti a sé dei bambini da accudire. “Il papà di Giovanna” è una storia la cui protagonista è la finzione, la menzogna usata come stratagemma mentale contro la durezza e l’incomprensibilità della vita umana.
Bravissima.
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