Regia di Jean-Pierre Melville vedi scheda film
Nella Francia occupata dai tedeschi, una giovane vedova atea e un prete di larghe vedute si conoscono per caso e imparano ad apprezzarsi; lei arriva a provare anche qualcosa di più, ma lui la respinge. Il film è costruito come la storia edificante di una conversione e successivo superamento delle tentazioni; ha lo stesso rigore di una sacra rappresentazione, compresa una certa legnosità nei dialoghi. Raccontato in prima persona dalla donna (della quale veniamo così a conoscere i più intimi ondeggiamenti dell’animo, comprese le pulsioni autoerotiche e una vaga tendenza al lesbismo), lascia nell’ombra l’interiorità del prete, che agli occhi dello spettatore rimane un uomo tutto d’un pezzo, inossidabile alle debolezze terrene. Difficile digerire Belmondo in abiti talari, almeno all’inizio; ma lui ci mette la stessa disinvoltura con la quale si muove fra le vie di Parigi, ed è sorprendentemente credibile. Semmai qualche problema lo danno i personaggi di contorno (la figlioletta che segue il catechismo di nascosto, la collega collaborazionista, la direttrice scolastica ebrea), dai quali ci si potevano aspettare sviluppi che invece non arrivano. Nel complesso, lo svolgimento poteva essere meno freddo: l’intento esemplare ha tolto spazio alla raffigurazione delle passioni umane.
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