Regia di Jean-Pierre Melville vedi scheda film
E’ interessante questa escursione di Melville nella fede cattolica, ed è condotta con un rigore e un’essenzialità degne di Bresson. E’ un film in gran parte basato sui dialoghi tra il prete e la “sfidante”, benché di carne al fuoco ce ne sia altra, come il tema dell’occupazione nazista, della resistenza e del collaborazionismo. I dialoghi, comunque, sono serrati e stringenti come una partita a tennis. Dal punto di vista della fede e della dottrina cattoliche, le affermazioni del prete Morin sono ineccepibili e molto precise. Anzi riconosco a chi ha scritto i dialoghi il merito di aver sviscerato questioni molto elevate e di averle brillantemente risolte tramite i contenuti della fede stessa. In alcuni casi viene addirittura proposta una soluzione a certe problematiche, la quale è certo opinabile e non dogmatica, ma comunque da prendere seriamente in considerazione.
La trama è la storia della conversione imprevista di una donna comunista, che è entrata in chiesa per farsi beffe di un prete, la quale per gioco prima si confessa, e poi, per puro formalismo, si inginocchia davanti all’altare. Eppure la grazia, benché in questo modo bizzarro e contro la sua volontà, la tocca e la “vince”. Il modo progressivo con cui la donna si avvicina a Dio, da lei prima pervicacemente negato, è raccontato dal regista con mano ferma e narrazione essenziale, rappresentando bene quali sono i veri moti di un’anima che scopre la fede. Se da una parte trova la fede, la donna ha dentro di sé le sue zone d’ombra, come un curioso sussulto di inclinazione lesbica verso una sua collega, e le sue pulsioni irrazionali, come l’innamoramento nel prete stesso. Secondo me è proprio la fermezza di quest’ultimo nel respingerla - benché tentato anche lui – a confermarle la fede appena ricevuta e quindi fragile, benché al prezzo del dolore del rifiuto.
Belmondo, che ha sempre interpretato ruoli molto diversi, se la cava bene nella parte del prete dalle poche parole taglienti e convincenti, dalla fedeltà ai principi, e dal fare sicuro e senza convenevoli. Emanuelle Riva, dal canto suo, è una credibile comunista miscredente, in realtà però arrabbiata con Dio, che resta disarmata davanti alle poche parole e convincenti parole del sacerdote.
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