Regia di Jean-Pierre Melville vedi scheda film
Forse il film più personale e sentito del grande Jean Pierre Melville, maestro indiscusso del polar. E come spesso capita con i film che coinvolgono nel profondo e nell'intimo (Melville era di origine ebrea ma è stato educato alla cultura cattolica) un film irrisolto, verboso, letterario, didascalico, poco coinvolgente e poco emozionante, troppo incentrato su disquisizioni religiose e su riflessioni "alte" e filosofiche sulla fede, la necessità di un sostegno "altrove", il bisogno di rifugiarsi nella preghiera e nel dialogo con Dio per ritrovare una propria serenità interiore e placare la propria rabbia ed insoddisfazione, il proprio senso di inadeguatezza, di ribellione e di malinconia. Durante il periodo dell'occupazione tedesca, a Besancon, cittadina della provincia francese, Barny, una giovane vedova madre di una bambina, entra in un confessionale al solo scopo di provocare e discutere con il giovane sacerdote Leon Morin. Il prelato però, nonostante la giovane età, si dimostra un uomo sensibile ed intelligente (ed il ritratto di questo sacerdote attento alle ragioni altrui, aperto e pronto all'ascolto, prodigo di consigli e di aiuti concreti, pronto anche alla critica quando giusta e necessaria, consapevole dei propri limiti e delle proprie debolezze ma convinto e sicuro della propria scelta di vita è uno degli aspetti più convincenti e riusciti del film grazie anche alla maiuscola prova di un Jean Paul Belmondo inedito sotto tono e assai misurato) e riesce con franchezza, rigore e semplicità ad aprire gli occhi a Barny che, inevitabilmente, si innamorerà di lui. Grazie alle letture che Leon Morin le suggerisce la donna riscoprirà la propria fede e sarà pronta, non senza difficoltà, errori, presunzioni e indecisioni ad intraprendere un nuovo e più consapevole cammino di fede. Tratto da un romanzo di Béatrix Beck un'opera a tratti sofferta e dolorosa, sensibile e sincera, acuta e appassionante, ma dal ritmo discontinuo e lento, dove la pur pregevole e intelligente attenzione alla psicologia complessa dei protagonisti (soprattutto di Barny, donna che ha bisogno di un confronto e di uno stimolo continuo, di un dialogo schietto e diretto, di un appoggio morale e spirituale, forse di un amore vero) si perde in una struttura narrativa statica, stanca e ripetitiva a cui il mestiere di Melville non riesce ad imprimere giusto calore, autentica partecipazione, profondo respiro. Un film onesto e degno, ma inevitabilmente inerte, freddo e meccanico, scolastico e piatto, purtroppo eccessivamente ripiegato sui dubbi le ansie e le paure personali del suo autore.
Voto: 6
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