Regia di Ron Howard vedi scheda film
La lotta epocale tra scienza e religione culmina, in questo film, in una frenetica corsa contro l'incubo tecnologico, in una sfida intellettuale supportata dall'indagine intorno ai misteri della storia. Il tracciato mistico ed artistico segnato dal semiologo Robert Langdon attraverso le antiche chiese romane percorre il lato in ombra della Città Santa e, contemporaneamente, rivolta le viscere oscure dell'autorità ecclesiale. Le riprese notturne di Piazza San Pietro ci restituiscono una sorta di ritratto in negativo della sede della cristianità che, invasa dai cronisti e profanata dall'orrore dell'assassinio, rivela il suo volto politicizzato e secolare. Questo si identifica con il ruolo di immensa responsabilità che la Chiesa, da due millenni, riveste rispetto all'ordine mondiale e che da sempre la vede al centro delle più grandi battaglie di potere e di coscienza. La fantasia letteraria, che Dan Brown applica sapientemente alla filologia scientifica, artistica e religiosa, trasforma Roma in un caput mundi nel senso più profondo del termine: un ribollente crogiolo primordiale delle inquietudini filosofiche che hanno scosso la storia dell'umanità dalle fondamenta.
Le immagini di questo film, in cui il dinamismo degli effetti luminosi si fonde con quello dell'azione, traduce questa idea in una potenza visiva tenebrosa e tagliente. Le lampade e le fiamme hanno il bagliore paludoso della fede offuscata dal pregiudizio. Sarebbe stato facile, nella trasposizione cinematografica di un bestseller, cadere nella retorica della guerra tra oscurantismo e razionalità, nella spettacolarizzazione propagandistica del conflitto morale, nella esasperazione favolistica della tensione tra mondo spirituale e mondo materiale. Invece, in questo film, i chiaroscuri sono freddi, come ad evitare che i contrasti assumano il tono celebrativo della lotta tra il bene e il male. Sotto la luna, Roma non brilla, ma si limita ad occhieggiare flebilmente. Non c'è la luce di Dio, né c'è il fuoco dell'inferno in una visione, saggiamente equilibrata, che conosce solo le blande sfumature delle vicissitudini terrene ed i margini che sfumano nel buio, ad indicare i limiti del sapere umano. La stessa catastrofe finale non arriva a squarciare i cieli, ma riesce solo a scalfire le deboli certezze di quaggiù. Nulla cambia, e gli uomini restano quelli di sempre, senza anatemi né rivelazioni, a suggellare una vicenda in fondo trascurabile, in cui gli "angeli" e i "demoni" si trovano tra noi, comuni esseri mortali.
Colpisce, in quest'opera, il costante sforzo compiuto per contenerne i toni, che mai travalicano i confini della normale dialettica, della discussione scientifica, della cronaca; al "grande pubblico" è riservata solo qualche spruzzata di didascalismo che, però, non suona mai ridondante e dunque non guasta. "Angeli e demoni" tratta il complesso tema del ruolo storico del papato secondo i canoni della narrativa popolare, ma con un linguaggio nuovo, che più che allo scetticismo, invita all'analisi critica, e che si mantiene ben lontano sia dall'agiografia, sia dalla dissacrazione.
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