Regia di Eldar Ryazanov vedi scheda film
Biopic di uno dei più grandi favolisti di tutti i tempi, il danese Hans Christian Andersen. Nato da una famiglia poverissima e orfano di padre, fin da fanciullo Andersen mostrò uno spiccato interesse per il canto e per il teatro, a dispetto della sua scarsissima alfabetizzazione che lo portò al ginnasio con enorme ritardo. Da lì ai salotti buoni di Copenhagen, alle prime piece di grande successo e all'amore per le favole che avrebbe generato racconti immortali come L'acciarino, Il brutto anatroccolo, La piccola fiammiferaia e Il soldatino di stagno. Fama e successo non sarebbero bastati a farne un uomo felice, costretto per tutta la vita, anche a causa della sua bruttezza, a innamorarsi senza essere ricambiato e a occultare la difficile presenza di una sorella dedita alla prostituzione.
La produzione russa di questo film che si muove spesso tra il kitsch e il balordo si attesta su una messa in scena completamente piatta, da sceneggiato televisivo, con qualche raro guizzo malposto in cui le favole irrompono in un flusso narrativo costruito su continui flashback e flashforward. Un'occasione persa per raccontare il cantore dell'emarginazione, sia essa persona, cosa o animale, che rimase sempre grato alla famiglia ebrea che se ne prese cura. I troppi siparietti canori e le frequenti escursioni su registri grotteschi - nelle loro palesi pretese di originalità - non aggiungono nulla al valore di un film che risulta spesso patetico.
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