Regia di Neil Marshall vedi scheda film
Neil Marshall mangia cinema e si diverte. Dopo Dog Soldiers e The Descent, nei quali aveva dato prova di un autocontrollo ai limiti del formalismo, giunge Doomsday, la difficile opera terza, nella quale il nostro pratica una digressione rispetto alla sua idea preferita. Non più un gruppo di persone chiuse in uno spazio che lottano per la sopravvivenza (linea Hawks-Carpenter), ma uno spazio virtualmente infinito racchiuso in un tempo limitatissimo. Film collagista a dir poco, Doomsday, a partire da 28 giorni dopo, che cita come se fosse un reperto archeologico, mette in scena l’ipertesto del cinema action-fantascientifico degli anni 80: da George Miller alle moto decorate di scheletri di I guerrieri del Bronx di E.G. Castellari. Come per un pub rocker dei bei tempi (linea Eddie & The Hot Rods-Nine Below Zero) non conta la familiarità dei riff, ma l’esecuzione. Neil Marshall spara i suoi riffoni post apocalittici sino allo sfinimento, sputa birra sul pubblico, spacca la chitarra e si tuffa tra la folla. Doomsday è il moshpit del cinema d’azione contemporaneo. Neil Marshall non si prende sul serio ma realizza un film d’azione al fulmicotone. Avercene di film “eccessivi” come Doomsday.
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