Regia di Luis Piedrahita, Rodrigo Sopeña vedi scheda film
Quattro matematici ricevono l’invito da un collega sconosciuto, che si firma “Fermat”, di incontrarsi a casa sua perché gli ospiti, professori di fama nonché solutori di ingegnosi enigmi, lo aiutino a risolvere un enigma, difficile se non più arduo del teorema del matematico al quale l’uomo misterioso ha ‘rubato’ il nome.
Alla riunione saranno in quattro, oltre il signor Fermat, il quale ha provveduto a fornire un nom mathématique anche a questi: si presenteranno con i nomi di Hilbert, Galois, Pascal. Oliva [Oliva Sabuco, la scienziata del 16° secolo].
Hilbert (Lluis Homar), non sospetta che quello strano meeting ha a che fare con una lezione che ha tenuto all’università qualche giorno prima davanti ai suoi allievi sulla “Congettura di Goldbach”.
Sapete cosa sono i numeri primi? Perché se non lo sapete, non dovreste essere qui. Nel 1742, il matematico Christian Goldbach, osservò che i numeri potevano essere anche espressi come la somma di due numeri primi. È facile da capire con i numeri piccoli. 18, un numero pari, è la somma di 7 + 11, che sono numeri primi. 24 è la somma di 5 + 19, che sono numeri primi… e così via. Funziona anche con numeri più grandi. Vediamo, un numero qualsiasi... 7.112. È... 5.119 più... 1.993, entrambi numeri primi. Certo non possiamo verificare se tutti i numeri pari sono la somma dei numeri primi, perché i numeri sono infiniti. Si dovrebbe trovare una “legge” che li contempli tutti e trovarla è divenuto il problema più difficile nella storia della matematica.
Un film su un teorema matematico mi mette in soggezione - sono stato sempre un asino in questa materia, - ma sembra più interessante di altri film simili che pretendono di verificare ‘il peso dell’anima’ (pensate, 21 grammi!), o raccontare biografie di ‘bei testoni’, o romanzare la vita di John Forbes Nash jr., premio Nobel per l’economia nel 1994, nei quali sono errate le formule matematiche frettolosamente stampigliate sulla lavagna (come mi ha informato mio nipote, matematico alla Sorbona e alla Sapienza), senza dire dello scalcinato sentimentalismo dei ‘solitari dei numeri primi’, che con la matematica fa i conti come me, con sicuro fallimento.
Se proprio devo pensare matematicamente, mi vedo Non ho tempo di Ansano Gianarelli, sulla vita del matematico francese Evaristo Galois, Blaise Pascal o Cartesius di Roberto Rossellini, Non avrai altro Dio fuori di me di Kieslowski, Wittgenstein di Derek Jarman, Il piccolo Archimede di Gianni Amelio, Morte di un matematico napoletano di Martone.
Se devo divertirmi, scelgo Il cubo I e II o Oxford Murders, - dei quali è parente stretto questo La Habitacion de Fermat -, anche se i ‘miei’ film di matematica preferiti sono Il teorema del Delirio – Pi Greco di Aronofsky e Paperino nel mondo della matematica di Luske.
I registi in tandem Lluís Piedrahota e Rodrigo Sopeña, autori anche della complicata sceneggiatura, agganciano lo spettatore, immergendolo nel mondo dei numeri, dei misteri e, qui sta il bello!, della morte:
Cos’hanno in comune Cantor Georg, Yutaka Taniyama e Kurt Gödel?
Tutti e tre erano dei matematici. Tutti e tre passarono alla storia... E tutti e tre impazzirono. Kurt Gödel formulò il Teorema di Incompletezza. Kurt Gödel si suicidò.
I quattro matematici si incontrano in un bosco. Lontano dalla città. Per andare a casa di Fermat, montano su una barca. Buio fitto come nei teoremi insolubili. Finalmente, ecco la casa: una macchina è parcheggiata davanti, su di essa una scritta: a caratteri cubitali: PITAGORA.
Fermat ha fatto le cose a puntino: tutto è matematicamente previsto. La casa è immersa nel nero cieco. Una lanterna illumina il volto tipo Hammer movie dell’uomo di servizio che apre la porta che stride. La location non promette niente di buono per gli incauti scienziati. Ambientazione da gothic novel, suspense, una stanza affollata di lugubri segni di tragedia non annunciata. Altro che le gioie della matematica! Qui Fermat ci cova!
In contrasto con il lugubre lo scenario, l’ingresso dell’uomo chiamato Fermat (lo straordinario Federico Luppi, anziano attore bonaerense del Labirinto del Fauno, Intramontabile Effervescenza, Angeli armati) è come una ventata di allegria velatamente sinistra.
Che cosa vuole Fermat? Qual è l’enigma che vuole risolvere con l’aiuto dei quattro?
Fermat sta per enunciarlo, quando il suo cellulare squilla: la figlia è in ospedale, in coma, le è capitato un incidente grave.
L’uomo è in preda al panico, chiede agli ospiti di aspettarlo in casa, lui ritornerà presto.
Fermat non ritornerà. Ha chiuso la porta blindata della casa.
Presto una voce da uno schermo chiederà ai matematici incauti di risolvere degli enigmi, per ciascuno è concesso il tempo di un minuto. Passato il tempo, la stanza comincerà lentamente a restringersi.
Fermat ha comprato quattro presse idrauliche Poseidon, una per ogni parete. Le controlla da lontano. Ha assegnato un tempo per ogni enigma e se i quattro ci mettono più tempo, le presse si muovono.
Questa camera è di circa 50 mq. Calcolando che ogni pressa avanza di 9-12 centimetri al minuto... significa che in un’ora, questa stanza avrà la dimensione di un ascensore. Un ascensore con molti mobili di troppo. Avete mai visto le presse che trasformano le auto in un cubo di rottami? Quando queste auto non servono più, sono trasformate in un cubo da una pressa come quella là dietro. E ce n’è un’altra lì, e lì, e anche lì.
1939. And Then There Were None, pubblicato inizialmente come Ten Little Niggers e noto anche come Ten Little Indians (Dieci piccoli indiani oppure ...e poi non rimase nessuno) è il trentacinquesimo romanzo scritto da Agatha Christie. Fu pubblicato in Gran Bretagna nel 1939; in Italia uscì per la prima volta nell’agosto 1946 con il titolo ... E poi non rimase nessuno, romanzo numero 10 della collana Il Giallo Mondadori, edita da Arnoldo Mondadori Editore. Con il suo sensazionale record di 110 milioni di copie, è considerato il libro giallo più venduto in assoluto, e si è pertanto piazzato all’undicesimo posto nella classifica dei best-seller con più incassi della storia. Il luogo dove è ambientata la storia è reale. (Wikipedia)
Dieci poveri negretti
Se ne andarono a mangiar:
uno fece indigestione,
solo nove ne restar.
…………………….
e uno solo ne restò.
Solo, il povero negretto
in un bosco se ne andò:
ad un pino s’impiccò,
e nessuno ne restò.
La habitación de Fermat è solo in apparenza un film derivativo dal romanzo della Christie, che ha ispirato Invito a cena con delitto, Identità, Nella mente del serial killer, Saw II - La soluzione dell’enigma.
La coppia di registi spagnoli ne utilizza lo scheletro, rimpolpando un plot, altrimenti risaputo, con una leggiadra dose di humour nero, sottoponendo lo spettatore a inattese docce fredde (la vera identità di Fermat, il groviglio di vipere che lega, in modo diverso, le vite dei ‘prigionieri del cubo’, gli eventi antecedenti l’invito alla risoluzione dell’enigma di Fermat, la possibilità che l’autore dello schema mortale non sia l’elegante signore della casa ma uno dei quattro incapsulati nell’orrore, le invidie tra accademici, la loro vanagloria), con una richiesta di partecipazione. da parte degli autori del film, allo spettatore, alla soluzione degli enigmi (in realtà, arcinoti ma piacevoli) che potrebbero fermare la macchina della morte per schiacciamento in forma di cubo.
Un film non pretenzioso, educativo a modo suo, divertente e pauroso nella commistione dell’ossimoro che lo esclude dai moderni horror-macelleria.
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