Regia di Umberto Lenzi vedi scheda film
Lenzi, anche prima di Peckimpah, ripesca la poetica di Renoir del rispetto fra nemici senza indulgere al melodramma.
Finalmente ho trovato un po' di spazio per l'Italia 'tarantiniana'. Comincio da questo La legione dei dannati, che mi ha attratto subito per il titolo e incuriosito per il soggetto (di Dario Argento). Devo dire che non amo alla follia Bastardi Senza Gloria, ma solo se confrontato al resto della filmografia di Quentin, non in assoluto. Ciononostante, abbiamo anche noi, al pari degli States, dei buoni war movies, e dopo aver visto La legione credo che debba essere ascritto nel florilegio più rappresentativo. E' cinema d'azione, s'intende, ma come dice lo stesso Lenzi, non vuole scopiazzare Aldrich, bensì apportare un taglio più storicista, e il copione lo conferma. Siamo pressochè alla vigilia dell'operazione Overlord, riuscita soprattutto grazie al lavoro di controspionaggio, che indusse i gerarchi tedeschi a ritenere lo sbarco in Normandia una manovra diversiva per impegnare le truppe lontano da Calais. Di materiale da raccontare ce n'è in abbondanza. Abbiamo un commando di quasi-disertori, guidato da un colonnello machiavellico. Il racconto è lanciato dal primo ingaggio al territorio francese: il compito del commando è far esplodere le bombe subacquee vicino la costa e impadronirsi della spiaggia, in modo da permettere alle navi di attraccare. Ma la nave viene colpita dai nazisti, e i nostri restano tagliati nella Francia collaborazionista. Il bellico si mischia al survival, e all'action sofisticato, grazie a questa guerra a distanza fra il colonnello e la sua nemesi, il pari grado Hackerman, pepata da uno scambio di false informazioni. Sarebbe da approfondire quanto di storico ci sia in questo film, anche se Umberto Lenzi aveva fama di essere esperto di storia. Comunque la cosa passa in secondo piano, perchè a ritmo indiavolato ci vengono presentati dei militari senza fronzoli, che fanno uso di qualsiasi mezzo per procurarsi del vantaggio in una guerra che li ha svuotati. Lenzi, anche prima di Peckimpah, ripesca la poetica di Renoir (La Grande Illusione) del rispetto fra nemici, senza indulgere al melodramma, di cui forse non era convinto. Grande la sequenza subacquea e quella sul treno-cannone.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta