Regia di Sadao Yamanaka vedi scheda film
Yamanaka riproduce le sperequazioni sociali del suo tempo attraverso una parabola tragica intrisa di pungente sarcasmo dove la protervia del potere si esercita tanto attraverso l'uso della violenza quanto nella condanna ad una miseria materiale che fa presto a trasformarsi in abiezione morale senza vie d'uscita.
Un samurai disoccupato sopravvive ai margini di una piccola cittadina feudale grazie all'umile occupazione della moglie che costruisce palloncini di carta. Coinvolto suo malgrado nel rapimento della giovane figlia di un ricco commerciante locale ad opera del suo intraprendente vicino di casa, perderà l'onore e con esso l'unica ricchezza che gli era ancora rimasta. Finale tragico.
Non tutti i samurai sanno fare harakiri
Ultima opera della breve ma intensa carriera di Yamanaka Sadao, il leader del Narutaki Gumi di Kyoto che negli anni '30 rivoluzionerà i codici del jidaigeki, rinnovandone lo stile ed attualizzandone le tematiche epiche in linea con quelle di una beffarda critica alle restrizioni politiche ed alle vessazioni sociali dell'autocrazia militarista di quegli anni. Nel quadro di un realismo minimalista di demistificazione degli antichi fasti del Giappone feudale, dove i samurai sono poveri cristi che tengono moglie e le locations gli slums di un avamposto umano popolato da una variegata fauna di venditori ambulanti e signorotti locali, Yamanaka riproduce le sperequazioni sociali del suo tempo attraverso una parabola tragica intrisa di pungente sarcasmo dove la protervia del potere si esercita tanto attraverso l'uso della violenza quanto nella condanna ad una miseria materiale che fa presto a trasformarsi in abiezione morale senza vie d'uscita. Prendendo a prestito la linearità narrativa e l'accuratezza scenografica delle coeve produzioni americane (il villaggio è ricostruito, nei suoi pochi ambienti, con l'efficace riconoscibilità di un avamposto western), l'autore perfeziona una personalissima poetica umanistica ricalcata sul linguaggio e sulla vita comune di un proletariato suburbano che conosce benissimo, mostrandone con la disarmante semplicità delle immediate caratterizzazioni, squarci di verità che si attardano sul dettaglio degli ambienti come sulla divertita autenticità delle tipologie umane. Persino le stilizzate forme del kabuki, all'origine del genere e usuali strumenti del mestiere del gruppo Zenshin-za con cui collabora, sono ricondizionati nell'esilarante pantomima di una veglia funebre che rappresenta un ideale spartiacque rituale tra le tragedie dell'emarginazione che aprono e chiudono circolarmente la storia.
Girato con il rigore di una camera per lo più fissa e lungo un asse centrale attraversato dalla varia umanità che affolla da una parte e dall'altra la scena, lo spettacolo della quotidianità ritratto da Yamanaka è il substrato da cui emerge di quando in quando l'elemento di un dettaglio d'ambiente con funzione chiaramente simbolica (la bambola nella casa di bambole di una nolente promessa sposa, i palloncini di carta di una sussistenza materiale che reclama l'umile dignità della sua intimità domestica, il canale ricolmo di acqua piovana con cui inizia e si chiude il film e che rappresenta la sconsolata ciciclità di un'esperienza umana di sconfitta e sopraffazione). Ogni retorica da film di genere è totalmente bandita da un'opera prosciugata da qualunque tentazione melodrammatica e dove le sfumature emotive dei caratteri sono rese da dialoghi ridotti all'osso e dagli eloquenti silenzi di una mortificazione sociale che parla attraverso gli sguardi e la naturale gestualità dei suoi protagonisti: la ricca figlia di un notabile locale che trama un amore segreto per il suo umile servo, la modesta moglie di un samurai in disgrazia che condivide la sventurata sorte del suo debole marito, l'allegra dignità di un outsider dei bassifondi che affronta le fatali conseguenze della sua baldanzosa intraprendenza.
Triste epilogo di un capolavoro misconosciuto degli anni '30, nella tragica parabola di una dignità umana che non sopravvive ai morsi della fame come nella condanna al fronte cinese del suo giovane autore, che morirà a soli 28 anni in un ospedale da campo della Manciuria lasciando di sè il ricordo di uno stile che ha fatto scuola e la significativa posa in abiti militari insieme ad un giovanissimo Yasujiro Ozu.
Ninjo kami fusen è stato distribuito il 25 agosto 1937 entrando subito nella best ten 'Kinema Junpo' di quell'anno, ma compare negli USA solo nel 1982 con sottotitoli in inglese ed il suggestivo titolo di Humanity and Paper Balloons.
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