Regia di Masayuki Ochiai vedi scheda film
Un regista giapponese per il remake americano di un film thailandese. Risultato di rara povertà, da qualunque parte (geografica) lo si guardi. Le ombre dal passato del titolo sono quelle che si allungano sulla coppietta di sposini in viaggio di nozze e di lavoro a Tokyo: lui fa il fotografo per professione, ed è proprio nelle istantanee che comincia a manifestarsi lo spiritello porcello di una giapponesina pestifera. Segue qualche morto ammazzato, visioni, apparizioni: dappertutto, anche sul vetro riflesso della metropolitana e nell’acido dello sviluppo delle fotografie. Mistero oscuro da camera oscura, scheletri con la parrucca e scheletri nell’armadio, del marito, che ovviamente ha qualcosa da farsi perdonare… L’originale si chiamava Shutter, era uscito un paio di estati fa ed era una ghost story con qualche imprevisto inquietante e non banale, forse anche per l’origine esotica della faccenda orrorifica. Due anni dopo e tante troppe storie di fantasmi orientali che continuano a non trovare pace, la sensazione del già visto predomina. Anche perché il compitino è eseguito al minimo sindacale del thriller. Scena cult con il mostro stanato a colpi di flash della Polaroid. Vietato, senza motivo, ai minori di 14 anni, ma sconsigliato a tutti.
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