Regia di Ermanno Olmi vedi scheda film
Il primo pensiero che viene in mente, vedendo questa Leggenda del santo bevitore, è che è difficile crederlo un film di Olmi: i consueti canoni del regista lombardo sono infatti abbattuti quasi completamente, lasciando spazio a soluzioni più classiche nella scelta dei colori, delle luci, dei dialoghi, dei personaggi ed in definitiva della storia stessa. Niente luci naturali, niente nomi e volti sconosciuti (anzi, un protagonista di grande appeal come Hauer), niente gesti ordinari della piccola provincia del nord Italia, però c'è un uomo comune e dall'umanità straordinaria al centro della vicenda, personaggio necessariamente ambiguo (povero ma generoso), dal passato burrascoso, ma positivo. Un credente, sostanzialmente: un credente che passa attraverso una serie di prove per uscirne con una fede rafforzata, anche se pagandola con la propria vita. La leggenda del santo bevitore è perciò un racconto intriso di fede, di solidarietà umana ed anche - senz'altro - di speranza, ma lontanissimo da qualsiasi facile appiglio retorico e dalle comuni banalizzazioni pietiste del cinema americano - e non solo; tratto dal racconto omonimo di Joseph Roth, il film è sceneggiato dal regista e dall'amico Tullio Kezich, che già Olmi fece recitare nel suo Il posto (1961). Musiche di grande impatto (altra scelta pur felice, ma insolita per Olmi); durata sostanziosa, poco oltre due ore; i premi arrivarono numerosi, ma solo in Italia (Leone d'Oro, David e Nastro d'argento). 7/10.
Parigi, inizio '900. Un barbone viene avvicinato da uno sconosciuto: questi gli consegna 200 franchi pregandolo di portarli al sacerdote della chiesa di Santa Teresa. Il barbone si mette in cammino, ma incontra una serie di persone che gli impediscono di portare a termine la missione.
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