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La bella e la bestia

Regia di Jean Cocteau vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su La bella e la bestia

di kotrab
10 stelle

J. Cocteau trae ispirazione per il suo capolavoro La Bella e la Bestia da una fiaba di madame Jeanne-Marie Leprince de Beaumont (1711-1780). La fiaba è un soggetto perfetto per l'arte di Cocteau e la sua concezione di cinema, un mondo magico in equilibrio tra letteratura, teatro, surrealismo, artigianato, illusionismo ispirato alle fantasmagorie di Georges Méliès, spettacolo intellettuale e popolare.

Giocando fin dall'inizio con lo spettatore, Cocteau chiede esplicitamente di accondiscendere alla finzione dell'immagine e della messinscena tramite una regressione all'infanzia per poter usufruire delle potenzialità emotive e morali della storia e dei suoi trucchi magici. Genuinità morale e ingenuità infantile sono le parole chiave per poter far parte di un mondo sì realistico, ma anche più sensibile ed aperto all'irrazionale e all'inganno benevolo della ragione e dell'occhio: nel mondo di questi personaggi infatti c'è certo incredulità nei confronti dei prodigi che avvengono nella dimora di campagna della Bestia, ma essa alla fine è facilmente "comprensibile", accettabile senza troppi traumi. I prodigi sono il mezzo metaforico per sensibilizzare la visione e così poter varcare la soglia dell'apparenza, un apologo semplice ma non banale perché efficacemente essenziale e puro: Belle, la sorella sfruttata (J. Day) è la più sensibile a differenza delle altre due invidiose, bisbetiche, ingannatrici e calunniose (Félicie/M. Parély e Adélaide/N. Germon); la Bestia (J. Marais) naturalmente ha solo un'apparenza orribile e modi brutali, ma il suo cuore è buono e la sua bellezza interiore lo trasfigurerà anche nell'aspetto grazie al riconoscimento e all'amore di Belle, in seguito anche alla consequenzialità di morte e rinascita, degrado e catarsi (l'uccisione dell'arrivista Avenant [sempre J. Marais] le cui sembianze "trasmigrano" nella metamorfosi della Bestia).

Cocteau trae il massimo perché la semplicità e la "gratuità" dei suoi effetti speciali sono giustificati dal soggetto e dall'obiettivo del film, perdendo dunque automaticamente la loro (apparente) vacuità: uno sfruttamento talmente intelligente e abile dei pochi mezzi che gli effetti speciali appaiono del tutto naturali e necessari (il montaggio, i giochi di chiaroscuro, le mani e le braccia che escono da tavoli e pareti, le statue che si muovono, la pellicola che scorre al contrario creando effetti di leggerezza assoluta, fino al volo gioioso del finale, stupendo e ammaliante colpo di scena). Fondamentali però sono l'ironia squisita, la fotografia di Henri Alekan, attentissimo alla tenuità del bianco e nero, alla modellazione della luce e della grana dell'immagine (Vermeer, Doré), le scenografie (Christian Bérard) e i costumi sontuosi ma non "soffocanti" (C. Bérard, Antonio Castillo e Marcel Escoffier), la musica sinfonica di Georges Auric diretta da Roger Desormière.

La colonna sonora

G. Auric (1899-1983), collaboratore fedele di Cocteau, scrive una delle sue colonne sonore più ispirate e sontuose, che non fanno leva sulla passionalità o sull'effetto grandioso (se non nei titoli di testa e nel finale) ma, com'è giusto, sulla cura dell'atmosfera magica e sospesa, sullo sfruttamento dei timbri orchestrali variegati e del coro misto senza parole, sul mistero e si potrebbe dire su una sorta di oraziana aurea mediocritas. Un melodismo sensuale di ispirazione vagamente raveliana e in particolare di due capolavori di Maurice Ravel, l'opera Il bambino e i sortilegi (altra storia fiabesca - di Colette - con oggetti viventi, oltre ad animali parlanti) e il balletto Dafni e Cloe (da Longo Sofista) anch'esso con un coro in partitura.

La colonna sonora completa (alcuni brani infatti furono usati in parte dal regista, dato che era solito scegliere e montare le musiche dopo la loro composizione) è stata incisa per la Naxos dal direttore e compositore svizzero Adriano (pseudonimo omaggio all'imperatore romano), che ritrovò nel 1992 la partitura autografa. Nella sua ottima interpretazione dirige l'Orchestra Sinfonica di Mosca e il Coro Axios, preparato dal maestro Sergei Krivobokov.

Curiosità: il compositore statunitense Philip Glass usò il film di Cocteau muto, proiettato per la sua opera teatrale omonima.

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