Regia di Mitchell Lichtenstein vedi scheda film
Un dono.
Così chiama il proprio sesso Dawn negli incontri con altri ragazzi e ragazze per promuovere l’astinenza dai rapporti sessuali fino al matrimonio. Il problema è che gli ormoni, maschili e femminili, se ne fregano delle promesse e dei regali. Soprattutto quando si è adolescenti. E quello che la ragione e il cuore vorrebbero credere, il corpo e gli istinti tendono a distruggere.
La paura della propria sessualità e di quello che essa comporta viene rappresentata da Mitchell Lichtenstein (regista e sceneggiatore) tramite la vagina dentata che Dawn si ritrova fra le gambe. Una sessualità femminile che divora e castra, pronta a distruggere il maschio non solo ad un livello psicologico ed emotivo ma fisicamente, evirandolo, facendogli perdere la propria identità, quindi sottraendogli il vero elemento distintivo della sua natura, il pene.
Il film è una operazione lucidamente folle, che tramite la messinscena di una mitologia esistente in molte culture (quella della vagina dentata) riflette in maniera vigorosa e inquietante sulle paure primordiali di uomini e donne su quel mistero che è il sesso. Un luogo, un universo, da dove la ragione viene bandita per un’esplosione di sensi ed emozioni viscerali, epidermiche, un mondo dove piacere e dolore possono confondersi e diventare la stessa cosa, dove l’amore può trovare il suo appagamento e la sua manifestazione più bella. Una dimensione dove si può trascendere, dove ci si aggrappa all’altro nel momento dell’orgasmo, l’estasi dionisiaca e la quiete apollinea. Un posto dove le regole della vita quotidiana si infrangono e si capovolgono, dove le persone possono trovare una libertà assoluta o la forma più crudele di schiavitù.
Reprimere tutto questo, caricarlo di significati negativi (come fanno alcune religioni, il cattolicesimo su tutte, con i suoi sensi di colpa e il concetto del peccato) fa si che il sesso diventi una minaccia, un antro oscuro, una pulsione di cui avere paura.
Tra commedia grottesca e horror, fantascienza americana di serie b degli anni cinquanta (Dawn potrebbe essere un mostro mutante, la cittadina dove abita è vicina ad una centrale nucleare) e favola contemporanea, la pellicola si dimostra un originale viaggio nell’inconscio individuale e collettivo, dove la donna, una volta scoperto il potere che possiede, diventa un essere divoratore. E il pene dell’uomo l’unico cibo che possa saziare la sua continua fame.
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