Regia di Thomas McCarthy vedi scheda film
La storia della presa di coscienza sociale, della personale catarsi e, forse, della riscoperta dell'amore da parte di uno stanco e disilluso professore universitario, abituato, o probabilmente rassegnato, a consumare la propria vedovanza nella solitudine e nei silenzi, rotti solo dai goffi tentativi di imparare a suonare uno strumento musicale. Il film di Thomas McCarthy è gradevole e ben girato, ma purtroppo sorretto da una sceneggiatura abbastanza piatta ed elementare, praticamente scissa in due parti ben distinte (una prima metà nella forme di una sorta di commedia agrodolce e rassicurante nel suo garbato elogio di una società multietnica e una seconda metà nella quale la vicenda si fa tesa e drammatica, incorporando anche una improbabilissima storia di un impossibile amore). Alla fine si rimane perplessi all'idea di aver assistito ad un film con 4 attori, 4 ambientazioni e probabilmente girato con 4 dollari, talmente minimalista che, in buona sostanza, per un'ora e tre quarti praticamente non accade nulla. Tutto molto carino, elegante e politicamente correttissimo, come spesso accade nel cinema indipendente americano, forse fin troppo, al punto da diventare stucchevole e da giustificare il tentativo in extremis (quando ormai i buoi sono già scappati dalla stalla?) del regista/sceneggiatore di innervare la vicenda con un finale non troppo lieto ed accomodante. Bravo Richard Jenkins, non particolarmente il resto dello scarno cast, regia abile (o forse un po' furbetta?) a tirare fuori un lungometraggio da una materia così essenziale e minimalista: voto sufficiente.
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