Regia di Thomas McCarthy vedi scheda film
Ci si può sentire clandestini a casa propria?A guardare questo film,a fissare lo sguardo spento e spaesato di un maestoso Jenkins,a guardare i funzionari statali tutti che sono intenti a fare il loro bel compitino del tutto impersonale,pronti a pararsi dietro leggi e codicilli,capaci di dare solo risposte prestampate e di mostrare comportamenti stereotipati(Le continue richieste di allontanarsi dal vetro,di prendere il numero dell'ufficio immigrazione dal poster appeso sulla parete) la risposta non può essere che affermativa.E anche un uomo che ha fatto della sopportazione della vita la sua filosofia esistenziale,dell'indifferenze del prossimo il suo credo,si indigna,si indigna per davvero.La storia è quella di un maturo professore di economia del Connecticut,vedovo,con un figlio troppo lontano per avere un qualsiasi tipo di relazione,che vive meccanicamente la sua vita come se fosse un automa senza sentimenti,abituato alla ripetizione meccanica della routine quotidiana,deve andare a New York per una serie di convegni.Nel suo piccolo appartamento neworkese trova una coppia di clandestini,siriano palestinese lui,senegalese lei e dopo qualche iniziale incomprensione si relazionano,comunicano,Walter fa amicizia con Tarek fino a quando lui non viene arrestato in metropolitana e trasferito in un centro di immigrati clandestini.Non basta l'operato di Walter per risolvere tutto,anche con l'aiuto della madre di Tarek,clandestina come lui che decide di sacrificarsi per stare vicino a suo figlio.E'raro trovare in America film com questo,attenti alle sfumature psicologiche,con una regia placida che non deve rincorrere nessuna esigenza commerciale.Interessante anche l'ambivalenza sia del titolo originale(che si può riferire a uno qualsiasi dei protagonisti) che di quella del titolo italiano(Ospite si può lo stesso riferire a chi ospita e a chi è ospitato e nel film questo tema è molto sfumato) che una volta tanto non sfregia le intenzioni dell'autore.I temi che sono toccati sono tanti e tutti importanti andando dalla sfera privata al discorso politico più generale.All'inizio quella che vediamo scandagliata nei minimi particolari è la vita senza slancio di Walter,un uomo grigio come il suo vestito,che si ostina a prendere lezioni di pianoforte non avendone voglia e talento.E vediamo quando incontra Tarek e Zeinab che per lui comincia a schiudersi una nuova vita,si risente finalmente importante per qualcuno,ricomincia una sorta di viaggio iniziatico accelerato dai tristi eventi che accadono.Poi quando conosce la madre di Tarek con la sua ostinazione,col suo voler semre tener la testa alta,col suo sguardo fiero e penetrante ricomicia a sentire di avere significato anche come uomo.E la sequenza finale a suonare il tamburo sotto nella metropolitana è come la chiusura del cerchio,la testimonianza della maturazione completata di una nuova consapevolezza di se stesso.Un percorso così difficile è mostrato magnificamente dalla recitazione per sottrazione di Jenkins,una vita da esperto caaratterista in molti film e in alcune serie televisive che dimostra di avere spalle abbastanza larghe per un ruolo di protagonista così complesso come questo.Ma anche gli altri attori sono eccezionali,Hiam Abbas ha uno sguardo che buca lo schermo eppure un modo di fare così discreto e suadente,la Gurira è una splendida bellezza africana che riesce a emozionare nella scena in cui la madre di Tarek le dice che il figlio è stato espulso(la abbraccia e piange inconsolabile ricordando un po'la scena del finale di Green Card di Weir) e allo stesso modo riesce a intenerire quando come una bambina si emoziona nel viaggio in traghetto indicando il posto dove erano le torri gemelle,la Statua della Libertà e altre località dove ha vissuto momenti felici con Tarek personaggio recitato molto bene da Haaz Sleiman con il suo ottimismo contagioso,ritmo ,amore per la musica e per il tamburo,fino ai momenti più bui.Accanto a questi momenti privati McCarthy è abile a inquadrare una New York inconsueta,non nel solito formato cartolina da esportazione,ma una città alle prese con le proprie contraddizioni e lacerazioni profonde(non ultima la ferita mortale infertale dall'11 settembre)in cui oltre al parco in cui si incontra gente di tutte le razze e ai variopinti mercatini etnici ,c'è anche lo squallore della periferia in cui c'è il centro per gli immigrati clandestini,un avamposto di ordinaria disperazione in quello che si vanta di essere il Paese con la democrazia più evoluta al mondo.Ma si può cancellare una vita tranquilla senza fare del male a nessuno ,per uno stupido foglio non rispedito per paura?La legge non ammetterà deroghe o ignoranze ma di mezzo ci vanno sempre i poveracci perchè come dice Tarek i terroristi non li prendono mai perchè con tutta la rete di appoggi e di aiuti economici che hanno non capitano mai nelle maglie del sistema giudiziario...Qualunquismo?Forse...ma un fondo di verità c'è,mantenendosi lontano da qualsiasi forma di retorica questo piccolo grande film è a suo modo un invito a una integrazione razziale possibile perchè alla fine siamo tutti uguali,tutti figli dello stesso pianeta...Meditate gente,meditate...
uno sguardo penetrante e fiero.Grande prova
bellezza africana capace di emozionare e intenerire
bravissimo
prova di mostruosa braavura...
regia ottima con un lavoro eccezionale sugli attori
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